Franca Viola, 1966: rifiutò un sopruso.

È stata la prima donna italiana ad aver denunciato uno stupro. Adele, 2017: denuncia il compagno per violenza fisica e psicologica. Poche settimane dopo lui la picchia e lei viene ricoverata d’urgenza per ferite gravi. Sono passati più di cinquant’anni dalla prima denuncia da parte di una donna nei confronti di un uomo per le violenze da lei subite; tuttavia la scia di scarpe rosse aumenta giorno dopo giorno.  Ci sono realtà che rimangono segrete o che hanno conseguenze irreparabili oppure altre che possono essere definite veri e propri incubi:«Ciao, sono il tacco che quella sera indossava Anna. Proprio la sera in cui è stata violentata e lasciata senza vestiti, a piangere, dolorante in mezzo al parco. Che poi, lei non l’ho ha raccontato a nessuno. . . e ancora la sento che piange. »«Ciao, sono quel muro dove Rita sbatteva sempre pur di proteggere il suo bambino, mentre il suo compagno la colpiva; lei piangeva e gridava ma le sue urla le sentivo solo io a quanto pare, perché adesso Rita non c’è più e il suo bambino cresce senza sua madre. »«Ciao, sono Adele, Martina, Chiara, Alessia, Cristina. . . Io sono tutte quelle donne e ragazze che non sono riuscite a scappare da quei pugni, quelle che sono state sottomesse, quelle che non sono state rispettate e a cui è stato fatto del male. »Questi fatti e questi nomi sono una piccolissima parte di quello che viene raccontato e denunciato, perché almeno due terzi delle donne maltrattate nascondono le violenze subite. Quanti schiaffi, quanti pugni. I rimproveri, le umiliazioni, le urla. «Eppure, io non sono stata protetta. Ho avuto la forza di denunciare, ma non sono stata protetta. »«E io che invece quel coraggio non l’ho avuto sono qui che soffro ancora e ancora, perché è così che lui mi dimostra il suo amore, è il suo carattere». No! E ancora No! D’amore non si muore, perché l’amore, anche quando ferito, non diventa violenza. Perché sentendo parlare di uno stupro, c’è sempre qualcuno che dice «se l’è cercata» o «sarà stata lei a provocare», «non doveva attirare l’attenzione con quella gonna»? Magari per come era vestita o perché   era in giro la sera tardi o magari perché per tornare a casa ha preso il tram sola. Non è forse un delitto contro la libertà personale privare qualcuno di quest’ ultima? Una ragazza non ha quindi la piena libertà di vestirsi come desidera o camminare per strada da sola, se non vuole essere molestata e violentata. E in un paese dove la Libertà viene scritta con la L maiuscola, nel 2017 una donna deve ancora preoccuparsi di non girare da sola, di non raccontare del capo che abusa di lei: a meno che non voglia essere licenziata e tuttora deve sentirsi dire ad esempio: ˂˂voi donne siete brave solo a truccarvi e provocare per fare le vittime» Questa è violenza. «Quando una donna dice no ad un uomo che la molesta, c’è sempre la convinzione che se la sia cercata e che in fondo sia stata colpa sua. [. . . ] Quando una donna dice no è no. A qualunque età, in qualunque luogo, a qualunque ora e con qualunque tasso etilico[. . . ] Nessuno ti dà il diritto di toccarla o violentarla solo perché   tu sei più grosso e più forte, quando una donna dice no è no esattamente come quando lo dice un uomo ˃˃. Luciana Littizzetto25 Novembre: Giornata Internazionale Contro la Violenza sulle Donne.