Così come ogni altra forma di violenza, fisica o verbale, il cyberbullismo è scatenato dal bisogno di qualcuno di sentirsi potente.

Ma a chi vuole dimostrarlo? A se stesso, o a chi gli sta attorno?Il bullo mostra un’alta opinione di sé, combinata a narcisismo e manie di grandezza, ma spesso non si sente realmente così e usa l’aggressività per emergere nel gruppo. In genere ha una bassa tolleranza delle frustrazioni. Il bullo non è un genere di persona specifico, i dati parlano chiaro: il fenomeno interessa chiunque, indipendentemente dal sesso o dall’età. Prima che i social network divenissero gli strumenti di comunicazione più usati, il bullismo era pressochè fisico e il bullo aveva un’identità definita. Al giorno d’oggi invece, il bullo è perfettamente in grado di nascondersi dietro ad un profilo falso o ad un nickname e distruggere la dignità e l’autostima di una persona comodamente da casa propria.  Per comprendere meglio il contesto entro cui le violenze accadono anche all’interno del mondo digitale, è necessario sottolineare che i nuovi mezzi di informazione e di comunicazione tra ragazzi e adolescenti sono economicamente accessibili e molto diffusi. Quella attuale è, infatti, la prima generazione di adolescenti cresciuta in una società in cui l’essere connessi rappresenta un dato di fatto e un’esperienza ormai legata alla quotidianità. Ciò rende il cyberbullismo, a differenza del bullismo nella vita reale, un’arma che può essere utilizzata in un qualunque momento della giornata. Secondo alcune indagini 1 ragazzo su 10 è vittima di cyberbullismo. Purtroppo questo fenomeno si sta espandendo molto velocemente ed è veramente frequente; una conversazione, una chat può essere messa online in brevissimo tempo, una foto rubata o una confidenza possono essere divulgate in un men che non si dica. Ognuno di noi può diventare in pochissimo tempo oggetto di discussione e insulti. Non è infatti raro leggere notizie di adolescenti che si suicidano perchè incapaci di restare indifferenti agli insulti, alle minacce o all’esclusione. Nonostante ciò, purtroppo, gran parte delle persone minimizza la gravità del fenomeno mostrandosi indifferente, come se fosse solo un’esperienza volta alla crescita e all’acquisizione di tecniche di difesa. Non è così. Le ferite psicologiche possono spesso diventare ferite decisamente più profonde di quelle prettamente fisiche, con cicatrici che rimangono impresse non sulla pelle ma nella mente. Nessuno si mette mai nei panni di chi subisce queste violenze, le vittime sono lasciate da sole, escluse, come se non esistessero. Nessuno pensa mai alle conseguenze, al male che può provocare. E se nessuno ci pensa è anche perchè, purtroppo, solo una piccola parte delle vittime denuncia o parla a qualcuno delle violenze subite, forse anche perchè non tutti sanno che dal 29 maggio 2017 in Italia esiste una legge, la n. 71, che definisce e combatte tale fenomeno; inoltre, l’indifferenza degli adulti non è  certo d’aiuto. Bisognerebbe sensibilizzare non solo gli adolescenti ma anche gli stessi adulti a stare attenti, ad aprire gli occhi e non continuare a far finta di niente, perchè magari basta uno sguardo per riconoscere qualcuno che sta chiedendo aiuto, seppur in silenzio.