Tutti i grandi appassionati di sport invernali staranno sicuramente aspettando con ansia i giochi olimpici istituiti appositamente per questi particolari tipi di competizioni.

 La manifestazione si terrà a breve nella località di Pyeongchang, in Corea del Sud, tra il 9 e 25 febbraio prossimi. Le nazioni partecipanti saranno 92, ciò che stupisce è evidenziare come fra la Corea del Nord, e il paese ospitante non vi siano rapporti amichevoli. Inoltre, negli ultimi tempi il paese, governato dal  regime totalitario di Kim-Jong-Un, non ha fatto certo molto per non ottenere la disapprovazione delle altre potenze mondiali; anzi le scelte adottate in campo politico hanno provocato maggiori risentimenti in particolar modo dall’America di Donald Trump. Il via libera alla partecipazione dello stato nordcoreano è avvenuto in questi giorni, dopo un prologo abbastanza lungo di negoziati e accordi fra i due paesi confinanti e il comitato olimpico internazionale. Saranno 22 gli atleti partecipanti, che sfileranno in occasione della cerimonia d’apertura a fianco dei sudcoreani, in segno del riavvicinamento, almeno apparente, tra i due paesi che da circa ottant’anni convivono e si contendono aggressivamente un piccolo lembo di territorio. Questo non è stato certo il primo esempio di come lo sport sia riuscito a risanare situazioni critiche e ricucire rapporti segnati dall’odio. D’altronde lo stesso sport è nato come strumento di confronto e, spesso, nel passato ha avuto anche una grande influenza decisionale su questioni più o meno importanti. Gli antichi se ne servivano per risolvere questioni delicate, come dimostra anche la cultura dello sport di romani e greci (con quest’ultimi che hanno istituzionalizzato i giochi olimpici) i quali se ne servivano per valorizzare i valori comportamentali e sociali in quella componente sportiva all’ interno di miti e leggende. Successivamente, in un ipotetico salto temporale, possiamo soffermarci su quanto la Storia ha riportato in occasione della tregua di Natale, quando si è avuta la sospensione delle ostilità fra gli schieramenti tedeschi e britannici in occasione della notte di Natale del 1914, quando l’elemento riappacificatore è stato una semplice partita di calcio; oppure quando c’è stato lo scambio di maglie tra Pelè e Moore in un Brasile-Inghilterra nel 1970, evento significativo che ha simboleggiato l’uguaglianza di un nero con un bianco, in un periodo in cui di uguaglianza ce ne era ben poca. Spesso, però, lo sport non rispecchia la società né tanto meno dipende da essa, nel bene o nel male, perché, proprio come: la musica, il cinema, la pittura e tutto ciò che abbia a che fare con l’espressione dei propri sentimenti e pensieri, coesiste con la vera anima delle persone e non con i modi di pensare che ci vengono imposti. Altri milioni di esempi si possono riportare ma tutti concorreranno  alla conclusione che lo sport ha davvero il potere di farci sentire tutti uguali, ha davvero la forza di piegare l’animo del più duro, di mutare il pensiero del più determinato. Volete sapere il perché? Perché lo sport ci rende schiavi, sì, ma di una sola cosa: l’emozione.