Sono passati circa settant’anni dal termine dell’ultimo conflitto mondiale e l’umanità sembra avere già  dimenticato tutti gli orrori della guerra, ricominciando una corsa al riarmo e vedendo gradualmente aumentare la percentuale di violenza razzista nel quotidiano.

A circa settant’anni dalla parziale riconquista della pace appare doveroso ricordare le  atrocità della seconda grande guerra, prima fra tutte la deportazione degli ebrei. Da diversi anni si lavora molto affinchè ci sia un’efficace comunicazione di ciò che è stato alle nuove generazioni, per poter evitare errori già commessi in passato. Con i medesimi obiettivi, il 26 gennaio, il Liceo De  Giorgi ha invitato l’architetto Fabrizio Ghio, esperto in materia, che ha gentilmente concesso una breve intervista a LeCosimò per riepilogare quanto detto durante l’incontro. Architetto, grazie per averci concesso l’intervista. A quando risalgono le prime ebraiche in territorio salentino?Materialmente la prima testimonianza è costituita da un’epigrafe funeraria di Otranto, III secolo d. C. Il nostro giornale dell’argomento ne aveva parlato in una precedente occasione. Quali furono i principali centri coinvolti? Quale la loro organizzazione?La presenza è molto capillare, con dimensioni delle comunità legate all’importanza economico-sociale del centro. I centri coinvolti, comunque, sono davvero tanti e di diverse dimensioni/importanza: Lecce , Nardò, Copertino, Ortelle. In generale, vi sono comunità ebraiche sparse in ogni parte del mondo, considerato che la gente tende ad aggregarsi anche in base alla propria etnia e al ceto sociale: vi sono i ghetti di Praga, Venezia, ecc. Esiste una differenza tra ghetto e giudecca? Nel linguaggio comune siamo soliti usarli come sinonimi…“La differenza tra ghetto e giudecca è sostanziale. Nel passato, così come oggi, comunità dalle abitudini simili tendevano e tendono a vivere geograficamente vicine, pensiamo alle varie Chinatown o anche al quartiere “Little Italy” di New York, aree prevalentemente abitate da persone di una stessa etnia sviluppate intorno a edifici di rilievo. Così era anche per gli ebrei, i quali erano soliti formare quartieri aperti chiamati “giudecche”. Nel XVI secolo, invece, con la bolla papale si inizia a parlare di ghetto: un luogo chiuso dove gli ebrei sono costretti ad abitare e la cui apertura viene regolata dall’autorità locale. ”La formazione di una giudecca può, ad oggi, portare alla costituzione del ghetto?Ė un po’ nell’ordine naturale delle cose, basta guardare i precedenti storici. Il tempo ci ha insegnato a conoscere la storia, tipicamente ciclica. Potranno anche variare leggermente i contesti, tuttavia l’uomo si trova spesso nelle stesse situazioni, non riuscendo a gestire problemi già verificatisi in passato. Gli odierni campi profughi possono essere paragonati ai ghetti?Sono sicuramente situazioni di coercizione, luoghi dove l’accesso è controllato e in cui gli interessati hanno l’obbligo di residenza, per cui sì, potremmo considerarli tali. I campi profughi ricordano tanto qualcosa di già visto. In altri tempi sarebbe stato possibile soprassedere, ma non oggi. Non in questa realtà, dove la politica internazionale è carica di tensioni, non in una società dove inizia a riemergere il razzismo e dove l’integrazione è sempre più difficile. Abbiamo già vissuto tutto questo e non possiamo permetterci il lusso di dimenticarlo. Alleghiamo la presentazione dell’ architetto Fabrizio Ghio