La vittoria del Trapani a Catania ha servito il primo matchpoint che il Lecce non può farsi sfuggire.

Mentre in città impazza la corsa al biglietto, la formazione giallorossa si allena in vista della partita, in una settimana che si preannuncia “di fuoco”. Da Lunedì in poi, si parlerà solamente di scaramanzia e occasionali in un clima di gioia e ironia che non si viveva ormai da sei anni. Arriva il giorno della partita e il pubblico è quello delle grandi occasioni: un sold-out che conta 18. 264 spettatori (più accrediti e omaggi e con le limitazioni di settori omologati e non), un pubblico pronto a togliersi di dosso tutta la rabbia accumulata in sei anni di Lega Pro o Serie C (o come la si vuole chiamare), sei anni di sofferenze in un campionato che non poteva competere con una squadra da pubblico di categorie superiori; sei anni di stallo, che hanno visto una squadra bloccata e immobilizzata da queste sabbie mobili, la cui chiave per superarle è determinazione, impegno e quell’ “abnegazione” che l’attaccante Saraniti continuava a ripetere nelle sue interviste: sono proprio queste le caratteristiche che ha e che ha avuto la squadra di Liverani, con i suoi alti e bassi, ma che non ha mai concesso il primo posto a nessun’altra squadra, tenendolo stretto per sé, senza abbandonarlo, per far esplodere di gioia tutto il capoluogo salentino con una giornata d’anticipo, in una festa che anche il più disinteressato sperava arrivasse. 17:30 – inizia la partita e la tensione si mischia al caldo estivo che sovrasta il Via Del Mare. Il gol arriva subito al 17esimo minuto: come all’andata, arriva su calcio d’angolo e sempre sulla testa di Armellino; si alza il boato dei tifosi, tutta la panchina è in piedi e corre a festeggiare sotto la Centrale; il gol è arrivato e, anche se la partita potrebbe finire già da ora per i tifosi giallorossi, bisogna aspettare altri 73 minuti di sofferenza. Il tempo passa e, insieme all’agitazione, aumenta l’incredulità generale, perché, in sei anni, non si era mai arrivati così vicini al traguardo, all’obiettivo finale. Arriva il novantesimo e, ora, l’unico ostacolo che separa il Lecce dalla B sono i tre minuti di recupero. L’attesa diventa insostenibile, tutto lo stadio si alza in piedi: si vedono mani nei capelli, lacrime che anticipano una gioia imminente, i flash dei cellulari che illuminano gli spalti, bambini che esultano prima ancora del fischio iniziale, e una Curva Nord colorata, con le bandiere al vento, dove ormai la felicità ha avuto la meglio: non si sentono cori, ma solamente un enorme vociare. Al 93esimo minuto il boato finale fa da triplice fischio. Così, alle 19:26 del 29 Aprile, Lecce esulta. É difficile da credere, ma quando la panchina invade il campo, i giocatori scappano sotto la Nord e la gente si abbraccia, diventa tutto ufficiale. L’incredulità iniziale si trasforma in gioia e per le strade di Lecce esplode la festa: il corteo degli Ultras, l’invasione di Piazza Sant’Oronzo e dell’Anfiteatro, il pullman dei giocatori che fa il giro del centro storico per salutare i tifosi, in una città che in questa giornata di festa si è colorata di due soli colori: il Giallo del sole salentino che ha accompagnato il popolo salentino in questa avventura, e il Rosso dei cuori leccesi, che per anni ci hanno sempre creduto e che mai avrebbero abbandonato la squadra della propria città. É proprio così che il Lecce ritorna a farsi strada tra le grandi, riaffacciandosi a palcoscenici non nuovi ma che dopo sei anni maledetti, sono una grande liberazione. In fondo lo sapevamo, il Lecce non ci avrebbe mai lasciato e, prima o poi, “un giorno, in B” ci avrebbe portato.