Una delle forme artistiche più sottovalutate nel nostro contesto storico è il fumetto, in particolar modo quello giapponese, convenzionalmente chiamato “manga”.

É diventato, a partire dagli anni ‘50, uno dei settori più prolifici dell’industria editoriale giapponese. Il fumetto giapponese moderno  nasce attorno al 1946, quando Osamu Tezuka, le cui abilità e genialità gli valsero i soprannomi di “padre dei manga” e persino “dio dei manga”, produsse le sue prime opere. Egli influenzerà anche il panorama dell’animazione occidentale, in particolar modo Walt Disney, che si ispirerà all’opera di Tezuka “Kimba, il Leone Bianco” per realizzare il famosissimo lungometraggio animato “Il re leone”, non senza scatenare l’ira di numerosi fan del mangaka che hanno considerato il lavoro della Disney un vero e proprio plagio. Spesso i manga vengono considerati opere unicamente per ragazzini, sia per i caratteri stereotipati con cui vengono rappresentati i personaggi (come gli occhi grandi, ideati dallo stesso Tezuka), sia per le opere più conosciute come Dragon Ball, One Piece e Naruto, che risultano comunque essere indirizzate ad un pubblico più giovane e che ricerca una lettura non troppo impegnativa. Nonostante questo, questi hanno influenzato una generazione di ragazzi, vissuti tra combattimenti e robottoni, ma anche i manga più recenti, che guardano molto spesso alle opere del passato. Esistono però anche molte opere e autori, sconosciuti ai più, che trattano temi più importanti e impegnativi, interessanti per conoscere una cultura molto lontana dalla nostra, come quella giapponese. Uno degli autori più interessanti è sicuramente Jiro Taniguchi (1947-2017). Rappresenta un vero e proprio “outsider” del panorama fumettistico nipponico per via del suo tratto chiaro e leggero, più vicino alla tradizione europea. Il suo impegno nell’ambito del fumetto gli valse l’onorificenza di Cavaliere dell’Ordre des Arts et des Letters nel 2011, a testimonianza che il fumetto è ormai ritenuta una vera e propria forma di espressione artistica in tutto il mondo. Tra le opere più importanti troviamo “L’uomo che cammina”, una raccolta di 17 storie che raccontano gli avvenimenti quotidiani di Yukichi Fukujima, un abitante giapponese. L’uomo non fa altro che camminare per le vie del suo quartiere; può sembrare una storia banale, ma Taniguchi si sofferma su particolari che attirano l’attenzione del protagonisti e che non vengono notati dalle altre persone, passando dunque inosservati. Yukichi non è interessato alla meta da raggiungere, ma vuole godersi il viaggio: secondo la sua “filosofia”, infatti, sono proprio le piccole cose della vita e la bellezza della natura che formano l’uomo. Nonostante in un primo momento il fumetto possa risultare noioso o “inutile”, esso rappresenta una forte critica alla società moderna, caratterizzata da una vita frenetica in cui conta solo il lavoro, lo studio, la carriera, che spesso e volentieri ci fanno perdere l’occasione di goderci le piccole cose della vita, come anche una semplice passeggiata per ammirare il paesaggio. Sono state queste opere e queste tavole le grandi protagoniste dell’incontro tenutosi il 23 febbraio presso il circolo culturale “La Bottega di Holden”: i ragazzi hanno avuto modo, infatti, non solo di andare oltre il comune stereotipo del manga, spesso sottovalutato e messo in secondo piano rispetto a forme artistiche e letterarie più conosciute, ma non per questo superiori per forza espressiva e comunicativa, ma anche di riflettere su tematiche quotidiane e tangibili della vita quotidiana, delle quali molti manga si fanno portavoce, con critiche celate tra le pagine e i disegni, ma che spesso aiutano a guardare il nostro mondo da un’altra prospettiva.