“Erano camicie nere.

Gente potente, sapevano di essere intoccabili e così era. Ci spogliarono entrambe e mi costrinsero a guardare mentre approfittavano della mia mamma e la picchiavano. Poi si gettarono addosso a me. Ci dicevano che nessun uomo c’era a difenderci, nessuna legge, neanche Dio. ”  La frase è tratta da una lettera, pubblicata dal giornale Piazzasalento, scritta da una donna di Gallipoli vittima di violenza durante la Seconda Guerra Mondiale. Probabilmente questo è uno dei fatti più dimenticati della Guerra, infatti non si parla spesso degli abusi compiuti su donne o bambine, costrette a convivere per sempre con il ricordo delle violenze subite, incapaci di fidarsi completamente di un uomo senza avere paura, nonostante siano passati diversi anni: semplicemente donne a cui è stata tolta la dignità. E’ un atto che umilia la persona e che rimane indelebile sulla pelle come una cicatrice, che porta le donne a tacere per anni un po’ per vergogna, un po’ per paura. Quelli descritti erano uomini capaci di distruggere vite, ma di continuare a vivere le loro tranquillamente, come se non fosse accaduto nulla, d’altronde nessuno li ha mai puniti e nessuno ha mai creduto alle denunce avanzate contro di loro. Proprio per questo è stata istituita la Giornata della Memoria, non solo per commemorare le vittime dell’Olocausto, ma anche per far sì che qualsiasi tipo di violenza, avvenuta in quel periodo in cui tutto era concesso e nulla era controllato, non si ripeta mai più, che si tratti di omicidi, torture o stupri. Cos’è cambiato a distanza di più di settant’anni dalla fine della Guerra? Purtroppo poco o niente: si sente parlare troppo di violenza su donne e ragazze, spesso ancora questi atti non vengono denunciati, tutto viene coperto dal silenzio per paura di essere giudicate e il senso di impotenza e umiliazione sovrasta le donne. Ma, per giustizia, il ricordo non deve scomparire con loro, che la violenza sia accaduta recentemente o durante la Guerra: si parla sempre di donne umiliate e  segnate a vita dall’orrore.