Genesis del regista ungherese Árpád Bogdán è stato presentato al Festival di Berlino 2018 come evento speciale della sezione Panorama ed è approdato al Festival del Cinema Europeo 2019 di Lecce dove si è aggiudicato il premio Agiscuola, assegnato da una giuria composta da studenti degli istituti superiori del capoluogo salentino.

La pellicola è ispirata a fatti reali: i ripetuti attacchi, verificatisi tra il 2008 e il 2009, dei neofascisti ungheresi contro gli insediamenti rom, che provocarono la morte di sei persone, tra cui un bambino di cinque anni. Il regista ricostruisce la vicenda intrecciando tre storie che vengono presentate altrettanti capitoli i cui titoli corrispondono ai nomi dei tre protagonisti. Ricsi (Milán Csordás) è un bambino rom la cui infanzia viene brutalmente interrotta in seguito alla perdita della propria famiglia in un violento attacco di matrice razziale. Virag (Eniko Anna Illesi), adolescente ipoacusica, nuotatrice, arciera e cinofila si ritroverà collateralmente coinvolta nella vicenda principale. Hanna (Anna Marie Cseh) è un’avvocatessa sulla trentina dal passato tragico incaricata di difendere uno dei responsabili del brutale attacco. Le linee narrative nascono parallele e poi gradualmente si intrecciano in un rincorrersi di metafore, silenziose rivolte individuali, eroismi istintivi che da un lato tratteggiano la “genesi” della violenza, dall’altro delineano la rivalsa della giustizia sociale, formale e umana sulla discriminazione. Il comparto tecnico è certamente uno dei grandi pregi di questa pellicola. La regia immersiva permette allo spettatore di provare le medesime sensazioni dei protagonisti. La videocamera è spesso vicina ai protagonisti, e in qualche scena cruciale, fa meraviglie spostando il fuoco. Maniacale è l’attenzione ai dettagli e ai simboli, ponti ideali fra le tre linee narrative e fondamentali per la caratterizzazione psicologica dei personaggi. La fotografia è mirabile, “pensata in maniera tale da collocare sempre le tragedie personali all’interno di spazi più ampi” come specificano i giurati del Festival del Cinema Europeo nel consegnare al film in Premio per la Miglior Fotografia. Anche il sonoro diventa un supporto essenziale per dare realismo e profondità alla storia, soprattutto nelle scene in cui Virag toglie l’apparecchio acustico e suoni e rumori si fanno ovattati. In alcuni passaggi la pellicola viene appesantita da note retoriche che non ne minano, però, la riuscita. Nella sua potenza visiva e tematica Genesis è un doloroso ed efficacissimo grido di denuncia nell’epoca di Orbán sull’Ungheria dei nuovi fascismi. La lucidità di questa impressionante opera cinematografica le permette, inoltre, di travalicare i confini nazionali e diventare monito universale e accusa cruda e inclemente delle pieghe della discriminazione e dell’intolleranza. Un vero pugno nello stomaco.