Lo sport è un mezzo straordinario, è capace di unire popoli e nazioni rivali mettendo da parte l’odio per far spazio ad un momento, seppur breve, di felicità.

Non è però sempre così poiché la competizione, che spesso caratterizza lo sport, è spesso la causa di molti guai. Trovarsi in un uno stadio circondato da migliaia di tifosi è un’emozione unica, ma quando cominciano a partire dei cori razzisti o ancora peggio quando si sentono i tifosi avversari sperare  la morte a un tifoso colpito da malore, l’euforia e la gioia si trasformano in sconcerto e sgomento. Tutto si trasforma; si finisce per rovinare tutto ciò che lo sport ha di bello. Ma il colpo di grazia viene, però, dall’esterno del campo da gioco e proprio da chi dovrebbe garantirne la regolarità e la fruibilità: la politica. Se infatti lo sport tende a unire, la politica delle volte sembra svolgere il compito opposto, sovrapponendosi ad esso e imponendo il proprio pugno. Ne è un esempio il caso di qualche anno fa quando un giocatore dell’Arsenal non potè giocare la finale di una coppa europea perché lo stadio si trovava in una nazione che vietava l’ingresso a tutte le persone della sua nazionalità.

Un tempo, quando le guerre si fermavano, era lo sport a unire i due schieramenti in lotta. Lo sport sembra non essere più lo stesso. Lo caratterizzano comportamenti antisportivi e contro lo sport. Molte volte si sente associare lo sport a violenza, razzismo, odio dimostrando chiaramente che chi ha parlato non ha colto il vero valore dello sport. Fa passare in secondo piano tutti quegli elementi che lo rendono una delle attività più belle del mondo (allenamenti, amicizie, voglia di riscatto, speranze, etc…).

Ciò che verrà ricordato saranno i contorni negativi che ruotano intorno come l’inutile rissa avvenuta fuori dallo stadio o l’atto di violenza registrato in un contesto solo attiguo allo stadio. La colpa sarà sempre data la colpa allo sport. Il bello dello sport è esattamente il contrario, in campo non c’è distinzione di colori, solo l’estro, la creatività, la fatica e l’agonismo fanno la differenza. Né è il principale esempio Don Haskin (nella foto) che nel 1966con un budget ridottissimo decise di puntare su sette giocatori di colore salvandoli dalle strade e portandoli a vincere il campionato studentesco di basket. In un epoca in cui si era convinti  che un quintetto di giocatori “bianchi” fosse imbattibile, lo schierare in campo cinque giocatori di colore fu una mossa vincente; fu una conquista.

È risaputo come lo sport occupi un ruolo di fondamentale importanza per la promozione all’interno di un Paese, basti pensare a quanto succedeva Oltre Cortina, ma è anche vero come alla base dello sport vi si trovino  Valori molto importanti: Il Rispetto, il Fair play. Va cercato nelle piccole azioni, quelle che fanno la differenza. Basta puntare alla persona, al rispetto della sua dignità e quindi avere il coraggio di sospendere una partita, quando si denigra la razza o quando la violenza prende il posto del sano agonismo; si dovrebbe allontanare dalle competizioni chi avvelena la salute e la gara preferendo l’inganno della chimica. Questi sono atti concreti che rispondono a chi usa violenza delle parole, mette in campo la meschinità degli slogan e la miseria dei soldi.