di Virginia Prisciano

Il progetto Erasmus+

Con la partenza per l’Inghilterra di cinque ragazzi del liceo Cosimo De Giorgi di Lecce, si conclude il progetto Erasmus+ iniziato nel 2018. Lorenzo Anzoino, Marta Cucurachi, Francesca De Carlo, Lucia Guerra e Virginia Prisciano sono stati ospiti degli studenti della Ridgeway School di Swindon dal 26 gennaio al 1 febbraio. 

Il tema di quest’ultimo Erasmus è stato Building homes for the future, “costruire case per il futuro“; alla fine, infatti, ogni gruppo formato da studenti provenienti da Italia, Spagna, Germania e Inghilterra ha consegnato il proprio piano di casa del futuro, prendendo a cuore il problema ambientale e proponendo soluzioni eco-friendly, con l’idea che tutti nel nostro piccolo possiamo fare la differenza, a partire dal posto in cui viviamo.

Sono state organizzate varie visite guidate per collezionare idee al riguardo: dal National Self-build Centre di Swindon, al castello di Cardiff, e ancora il Trail Museum di Devizes, il dipartimento di architettura dell’Università di Bristol e infine il World Heritage Site ad Avebury. La mattina dunque si lavorava e la sera ci si immergeva nella realtà di un tipico (ma non troppo) ragazzo/a inglese di 18 anni, ognuno a suo modo.

Riflessioni di una studentessa in viaggio Erasmus

Erasmus+ è stata per me un’esperienza di vita, una di quelle che ti sganciano, almeno per qualche tempo, dai problemi della quotidianità, e fanno sì che ogni giornata conti.

Ho vissuto la routine di una ragazza della mia età in un paese totalmente differente dal mio e ho ospitato un ragazzo inizialmente sconosciuto come se fosse un fratello, proprio come hanno fatto con me. 

Mi è stata data l’occasione di sperimentare che provenire da nazioni diverse non è affatto un ostacolo per una relazione di qualunque tipo; al contrario, può diventare un incentivo perché si hanno ancora più cose da scoprire l’uno nell’altro. Personalmente infatti, mi sono bastati quei 7 giorni per legarmi ad alcune persone che prendevano parte al progetto, tanto che non ho potuto trattenere l’emozione al momento del distacco.

L’Erasmus insegna come una cultura diversa non  minaccia affatto le tue tradizioni né tantomeno eclissa la tua identità; al contrario, non fa che arricchirla, aprendoti la mente a nuovi orizzonti. Si arriva a capire la bellezza del creare legami, si matura la consapevolezza che i rapporti nascono tra le persone al di là dei climi di provenienza, purché si sia disposti a rinunciare alle proprie barriere mentali. Da una simile esperienza si esce con la convinzione che per vivere veramente, per riuscire a trovare qualcosa in cui valga davvero la pena ingaggiarsi, bisogna uscire dalla propria comfort zone e mettersi alla prova.

Ma c’è anche un altro aspetto che l’Erasmus ti fa scoprire: cosa ti tiene davvero legato alla tua terra e se lasciarla sia la scelta giusta e risolutiva. Te ne rendi conto quando alla fine di una giornata memorabile, che è stata una catena di emozioni e follie vissute insieme a compagni ancora più folli di te, senti comunque la mancanza di qualcosa, o di qualcuno. Che sia l’abbraccio di un genitore, le risate con il compagno di banco, il bacio della tua metà o semplicemente il tuo piatto preferito: finisci per capire che solo quella determinata cosa può completare a fondo la tua giornata.  

Ecco cosa mi ha insegnato l’Erasmus, che partire ed esplorare posti lontani è bello, ma tornare poi nella propria terra lo è ancora di più. E a patto che – s’intende – tu non abbia rinunciato a niente di ciò che di nuovo potevi sperimentare del mondo, degli altri, di te stesso, puoi dirlo senza esitazione: nessun posto è come casa.

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