di Greta Turco

Sappiamo bene quanto sia difficile la situazione che i ragazzi italiani stanno vivendo da più di due mesi a questa parte. Ogni loro abitudine è stata rivoluzionata dalle misure precauzionali assunte dal Governo per evitare la diffusione del COVID-19. Nel lungo elenco di cambiamenti, al primo posto troviamo quelli che hanno investito l’attività scolastica.

Eravamo abituati a svegliarci presto la mattina, fare colazione in fretta e furia ed entrare in classe qualche secondo prima del suono della campanella. Era scontato avere la possibilità di risolvere esercizi alla lavagna o partecipare attivamente alle lezioni dei docenti, avere con loro un contatto diretto. Poi, tutto è cambiato. Dal 5 Marzo sono stati chiusi i battenti di tutte le scuole italiane di ogni ordine e grado. “Fino al 15 del mese”, si diceva. E invece, gradualmente, quella che sembrava una misura precauzionale e temporanea ha assunto i contorni di qualcosa di definitivo.

Così, da subito, è stato spontaneo chiedersi: come sarà possibile far proseguire l’attività didattica? A questa domanda il Ministero dell’Istruzione ha risposto incentivando le scuole allo sviluppo di una didattica a distanza basata su video-lezioni, condivisione digitale di materiale, approfondimenti tematici, ecc. In queste settimane, tuttavia, diversi studiosi, politici, giornalisti e docenti hanno esposto i numerosi limiti e le principali criticità di una metodologia didattica di questo tipo, basata quasi esclusivamente sull’apprendimento individuale dello studente e priva della possibilità, da parte del docente, di effettuare una reale verifica delle competenze acquisite ed intervenire laddove necessario.

Da un sondaggio effettuato su un campione di studenti del Liceo Scientifico Statale “Cosimo De Giorgi” di Lecce è emerso che il 60% dei ragazzi giudica l’esperienza della didattica a distanza molto poco efficace, nonostante la maggior parte di loro svolga video-lezioni come da orario curricolare. Inoltre, tra i principali punti deboli si riscontrano: un cospicuo aumento della mole di studio; l’eccessiva durata delle video-lezioni ed il conseguente calo di attenzione; l’inadeguatezza delle tradizionali metodologie di apprendimento; la mancanza o insufficienza di strumenti tecnologici per il collegamento domestico. Invece, tra le principali preoccupazioni diffuse tra i ragazzi spiccano: le numerose difficoltà di esercitazione riscontrate nelle materie scientifiche durante le video-lezioni; le modalità di valutazione da utilizzare; il recupero delle carenze; l’esito degli scrutini finali; le modalità di assegnazione dei crediti.

Al di là delle statistiche, però, il timore più grande era quello di non poter più tornare tra i banchi di scuola, almeno per quest’anno. Un’eventualità che si è poi concretizzata, e che ha un sapore particolarmente amaro per i ragazzi di quinto, che si sono visti privare della possibilità di sentirsi, fino all’ultimo, un gruppo classe.

Tuttavia, è convinzione comune che, ora più che mai, il proseguimento dell’attività didattica svolga un ruolo di centrale importanza, in quanto costituisce un supporto anche morale per i ragazzi, uno spiraglio di normalità, quella condizione di cui tutti abbiamo disperatamente bisogno.