di Gaia Naccarelli

La formazione dei redattori di LeCosimò continua: la redazione incontra Matteo Caione.

Matteo è un cronista del Quotidiano di Puglia da 13 anni, nonostante sia passato molto tempo dal primo articolo scritto in tenera età, Caione non ha mai smesso di amare il suo mestiere che, con una visione romantica, definisce addirittura una vocazione.

La crisi del giornalismo è ormai faccenda  risaputa. Eppure Matteo non si demoralizza e con la grinta di un ragazzo di 37 anni parla del futuro come un pozzo di occasioni che spingeranno il giornalismo cartaceo a cambiare le proprie strategie, adottando una visione a lungo termine: se le cronaca è ormai bruciata dai siti online che pochi minuti dopo l’accadere di un evento, pubblicano il fatto, il cartaceo deve allora concentrarsi sulle dinamiche che si celano dietro esso,  approfondendolo.

Sin dagli albori della sua carriera Matteo si è sempre interessato di cronaca (in particolar modo avvenimenti legati alle associazioni mafiose) e politica locale.
Il giornalista definisce la mafia come una attività economica con un grosso volume di affari, nata per raggiungere il potere imponendosi con la forza. La mafia è l’anti-Stato che lavora sul territorio come se fosse lo Stato. La scommessa per sconfiggere il germe della malavita è rendere impermeabili  le istituzioni e seminare la legalità già nelle scuole, nella speranza di un nuovo welfare state che sia veramente vicino ai cittadini.

Quando parla, invece, del suo territorio la dolcezza si manifesta in un: “il Salento non ha ancora capito cosa vuole fare da grande”. Non basta affidarsi al turismo; occorre pensare a questa regione come una terra di approdo per investimenti. Sicuramente la diffusione della malavita, impedendo la libera competizione, non permette progresso e sviluppo.

Matteo Caione conclude il suo intervento svelando i segreti di un buon giornalista: affidarsi solo ai propri occhi, avere la giusta distanza dai fatti e soprattutto imparare a leggere prima che scrivere. 

In una realtà caratterizzata dall’overdose di opinioni, “la necessità dei cronisti è sempre più evidente”, dice Matteo. Se dovesse dare un titolo alla propria carriera sarebbe: “ogni giorno è un altro giorno”.