di Giovanni De Mariani

La più grande rivoluzione della storia del calcio è in atto: 12 club (Real Madrid, Barcellona, Atletico Madrid, Inter, Juventus, Milan, Manchester United, Liverpool, Chelsea, Arsenal, Tottenham, Manchester City) fondano una nuova competizione internazionale, la European Super League, che accoglierà al suo interno le squadre più blasonate e titolate d’Europa.

Contro questo enorme progetto -ideato e sostenuto dal patron del Real Madrid, Florentino Perez– si sono subito schierate Uefa e FIFA che si sono dette pronte a prendere provvedimenti durissimi nei confronti dei club fondatori: una causa da 50/60 miliardi di euro, l’impossibilità per i calciatori della Superlega di essere convocati in nazionale e l’esclusione delle squadre della Superlega dai rispettivi campionati nazionali e dalle competizioni europee in corso.
Contro questa rivoluzione si sono inoltre schierate le leghe nazionali e le varie Federcalcio, accusando questi club di minare i principi dello sport e di uccidere definitivamente il calcio. Ma è davvero così?

Innanzitutto bisogna ammettere che le motivazioni dietro la creazione di questa nuova competizione siano soprattutto economiche: la Superlega, e tutto quello che deriverà da essa (sponsorizzazioni, diritti TV, investimenti, ecc…), farà arricchire esponenzialmente i club che vi parteciperanno, basti pensare che solo per aver accettato di entrare in questo progetto ogni club incasserà 490 milioni di euro (l’accesso alla fase a gironi della Champions League garantisce “solo” 15,2 milioni). È evidente come la pandemia non abbia fatto altro che accelerare l’ideazione di qualcosa che era già stato pensato almeno una decina di anni fa e che adesso trova la sua definitiva realizzazione. 

I 12 club fondatori rappresentano l’élite del calcio mondiale non solo sul piano sportivo ma anche economico e la Superlega aumenterà sicuramente il divario tra i top team e le squadre di “secondo livello”, che non avranno mai gli strumenti necessari per competere alla pari. Inoltre il format prevede la partecipazione 20 squadre, 15 fondatrici e sempre presenti e solo 5 per meriti sportivi che si qualificheranno ogni anno tramite dei playoff. Ovviamente questo è uno schiaffo vero e proprio alla meritocrazia, ma d’altronde la Super League non è nata con questo obiettivo.

D’altra parte però è innegabile che una lega formata dai club più importanti del mondo che si sfidano tra di loro ha il suo fascino e le emozioni che potrebbero regalare partite di questo tipo sarebbero veramente uniche.
Chi dice che la bellezza di certe partite stia nella loro unicità, non tiene in conto l’appeal e il livello di spettacolo che una competizione come questa potrebbe offrire. A differenza della Champions League, alla quale partecipano anche squadre certamente non top provenienti da campionati inferiori, la Superlega metterà di fronte solo i team più forti d’Europa, giocando ad un ritmo decisamente più elevato e con una qualità mai vista prima.

Sarà possibile vedere ogni settimana partite come PSG-Bayern Monaco, un tripudio di emozioni che ha affascinato ogni singolo tifoso di calcio. La European Super League sarebbe in grado di offrire questa possibilità, perché non sfruttarla?

Questo è solo l’inizio di una guerra destinata ad andare avanti per anni. Chi oggi nelle grandi istituzioni calcistiche va contro la nascita della Superlega non lo fa per salvare il calcio e per restituirlo ai tifosi, ma semplicemente per i propri interessi personali. La Uefa e la FIFA perderebbero infatti tanti, troppi, introiti dovuti all’assenza delle squadre più prestigiose dalle competizioni europee più importanti, e questo ovviamente è un pericolo da scampare. Il calcio si è evoluto ed è diventata un’azienda vera e propria, in cui ognuno cerca di salvaguardare i propri interessi (non solo i 12 club fondatori come ci vogliono far credere).

Questo sport ha perso ormai da tempo la sua componente romantica e non la riacquisirà in futuro. La Superlega con tutti i suoi difetti non sarà la morte del calcio, ma una radicale evoluzione di esso. Dovrà sicuramente essere migliorata, resa più meritocratica e soprattutto dovrà mettere al centro il tifoso. Il calcio è lo sport della gente e non può prescindere dal coinvolgimento del popolo che dovrà necessariamente essere il protagonista di questo nuovo corso. La “Grande Rivoluzione” è iniziata e sarà difficile da fermare.