di Beatrice Montanaro

“Non è vero niente, non c’è stato niente perché chi viene stuprato la mattina, il pomeriggio fa kitesurfing e denuncia dopo otto giorni, vi è sembrato strano. È strano!”

L’affermazione appena citata riporta le esatte parole che Beppe Grillo ha pronunciato nel suo video in difesa del figlio accusato di violenza sessuale; senza entrare nei particolari del caso, importante è sottolineare il messaggio che traspare da tale sentenza, ovvero che “denunciare otto giorni dopo” il fatto rende meno rilevante l’accaduto.
“Dopo quanto tempo deve denunciare la vittima di stupro perfetta?” – chiede provocamente Antonella Veltri, la presidente del D.i.Re-Donne in Rete contro la violenza; cosa deve succedere affinché questo reato possa essere ritenuto tale?

Quello che ha fatto Grillo, volontariamente o meno, è un fatto fin troppo frequente, lo svilimento di un crimine quale lo stupro.
Quante volte, in seguito a un caso di questo tipo, c’è stata un’ondata di commenti, specialmente sui social, volti a svalutare la vittima e l’atto in sé; “com’era vestita?“, “era ubriaca?“, “cosa ha detto?“, “che comportamento ha avuto?“, “ma l’ha provocato“, “se l’è cercata, dai“, questi e molti altri sono i giudizi dati da persone alle quali basta prendere il cellulare per ferire le vittime, come se tutto quello fosse rilevante per giustificare il gesto.

Sono ormai passati 25 anni da quando la violenza sessuale è stata classificata come crimine contro la persona, tuttavia ancora oggi si cerca di “giustificare” il colpevole, cercando quasi di capire se il reato è avvenuto realmente o meno, oppure se la vittima era consenziente; come se bastasse un top, una gonna o, peggio ancora, camminare da sola per le strade, per diventare immediatamente disponibile.

È così che l’attacco mediatico si aggiunge alle difficoltà che la vittima deve affrontare, oltre alle possibili ripercussioni psicologiche; numerosi sondaggi, infatti, hanno mostrato che diversi sono i sintomi post-traumatici riportati dalle vittime di violenza sessuale, uno dei più comuni è la difficoltà di accettazione. Molti sono i casi di mancata querela, o denuncia postuma, proprio perché queste donne sentono il peso e la vergogna dell’accaduto, e pertanto hanno bisogno di tempo per affrontare e accettare, nei limiti possibili, il fatto.

Proprio a seguito di queste difficoltà, nel 2019 è stato allungato, con la riforma “Codice Rosso”, il tempo entro il quale è possibile sporgere querela; quindi, la “vittima perfetta di stupro” può denunciare entro i 12 mesi dall’accaduto. È così che denunciare dopo non “È strano!” e, certamente, non comporta l’infondatezza delle accuse.

In base alla legge si ritiene accettato il fatto che si possa denunciare entro un determinato termine, riconoscimento che non sembra essere maturato nel resto della comunità, specialmente sui social; però, continuare a cercare elementi utili a giustificare in qualche modo l’aggressione, non fa altro che trasformare chi specula in “stupratori” sottoponendo la vittima ad un’ulteriore violenza, incuranti della sua sofferenza.