di Francesco Palumbo

Lo sport ha sempre avuto un ruolo di primo piano nella formazione delle nuove generazioni, rappresentando un grande strumento di inclusione tra diverse culture e trasmettendo grandi valori umani quali lealtà, amicizia e soprattutto rispetto per sé stessi e per l’avversario.

Nella società odierna, caratterizzata da ritmi frenetici, poco attenti ai rapporti umani, sembra essersi perduto il rispetto per l’altro, base di una convivenza civile e pacifica tra gli esseri umani.

Può accadere così che anche lo sport perda la sua funzione educativa, diventando occasione di beceri comportamenti che lo impoveriscono di valori umani e allontanano gli appassionati dal mondo delle discipline sportive.

Succede nel calcio, in prima categoria, precisamente a Rocchetta Sant’Antonio, un comune sui monti dauni in provincia di Foggia. 

Abdoulaye Fofana, calciatore della squadra locale, viene bersagliato da pesanti insulti razzisti per il solo motivo di avere un colore diverso della pelle. Purtroppo non è il primo episodio di violenza razziale che il calciatore guineano subisce in un campo di calcio, ambiente diventato oramai invivibile per lui. 

Stanco dei pesanti insulti ricevuti, il giocatore originario dell’Africa occidentale sta pensando al ritiro dai campi. È una sconfitta per tutto il movimento calcistico. 

Leggere queste notizie nell’evoluto mondo del 2022 è triste ma, soprattutto, scoprire quanto l’ipocrisia regni sovrana nella vita di tutti i giorni lascia molto amareggiati.

Se da una parte ogni giorno siamo destinatari di campagne di sensibilizzazione contro la violenza razziale, dall’altra tutto ciò che viene detto viene vanificato da situazioni come questa.

Ognuno di noi deve fare un’esame di coscienza, interrogandosi sul perché qualcuno senta il bisogno ferire nel profondo un ragazzo di 21 anni, già provato dalla vita e ormai deluso in ogni sua aspettativa.