a cura del prof. Francesco Guido

Borgo S. Lucia  

La pianta di Lecce di M. Astuti del 1882 presenta l’immagine della città ancora in prevalenza racchiusa all’interno delle proprie  mura con un’unica eccezione: il borgo S. Lucia. Il borgo che prende il nome dalla cappella detta di S. Lucia, occupava uno  spazio di forma triangolare compreso tra le attuali vie G. Marconi, Otranto, Lo Re.  

Collocazione della Cappella ipogea di Santa Lucia

Il piano del borgo è redatto da Ignazio Bernardini nel febbraio 1866. La progettazione era stata preceduta da specifici lavori  pubblici che avevano comportato l’abbattimento di un tratto di mura e la modifica di alcuni assi viari preesistenti.  Le impressioni che suscitò il nuovo borgo non furono tra le più positive, generando dubbi e perplessità. Ad esempio Cosimo De  Giorgi lamentava “la lunga sequela di case, per lo più a un solo piano, allineate su vie strette e lunghe che si incrociano ad  angoli ottusi ed acuti”.  

Borgo S. Lazzaro  

chiesa di san Lazzaro vista dall’Osanna

In prossimità della Torre del Parco, si attua alla fine dell’Ottocento un’altra espansione della città lungo la strada di S. Lazzaro. Il borgo, detto anche di S. Pasquale, prende il nome dall’omonima chiesa, già edificata nel Quattrocento e ampliata nel 1763. La chiesa ha di fronte una colonna con la statua di S. Lazzaro (Osanna), motivo per cui il luogo era denominato “Sannà”.  Facevano da fondali al borgo le attuali via S. Lazzaro al centro, Orsini del Balzo e N. Foscarini ai lati per giungere a ridosso  della circonvallazione.  

Anche in questo caso il giudizio dei benpensanti non fu certo positivo: “nonostante in questo borgo si proceda alla edificazione  di case di meschinissimo aspetto e degne solo di un comunello rurale, vanno tuttavia segnalati alcuni interessanti progetti”.  

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Borgo Adriano  

Per la storia del borgo determinanti sono gli eventi che si succedono ai primi dell’Ottocento. È infatti la trasformazione dell’ex convento dei Celestini in palazzo dell’Intendenza a innescare tutta una serie di sistemazioni a catena: abbattimento di cappelle (il Crocefisso), di Porta S. Martino, di un tratto di mura adiacenti, ecc. ma le trasformazioni più rilevanti riguardano la zona  posta frontalmente. La villa diventa punto di riferimento e il suo asse est-ovest che la taglia perpendicolarmente viene considerato l’inizio della nuova via per S. Cataldo, inaugurata il 4 novembre 1833.  

LA quarta Porta di Lecce: Porta san Martino (demolita nel 1800)

Ciò comporterà l’inizio di un processo di lottizzazione che riguarderà tutta la zona. Sulla base della presenza di vecchie  denominazioni di orti e giardini, il borgo dapprima sarà chiamato di “S. Raffaele”, poi detto di “S. Rosa”, infine “Adriano” a  ricordo del porto di S. Cataldo fatto costruire dall’imperatore romano.  

Orientativamente era compreso tra la villa e le attuali vie C. Battisti, Costadura, Casanello, la piazza Verdi. A contenere  l’espansione verso nord sarà la costruzione della Caserma di artiglieria “R. Pico”, inaugurata nel 1920.  

Borgo Pizziniaco  

La storia del borgo è strettamente connessa alle vicende per la collocazione delle cosiddette “botteghe per le arti rumorose” che  gli amministratori comunali volevano fossero allontanate dal centro e collocate in un quartiere operaio. Le delibere sulla scelta del sito e sulla decisione per il numero degli opifici da edificare occuparono alcuni anni fino a quando agli inizi degli anni ’90 dell’Ottocento si decise che la costruzione avvenisse in un contesto non urbanizzato dalle parti del Palazzo Pizziniaco, tuttora esistente in via Cataldi, il cui giardino si estendeva tra le attuali vie di Leuca, Otranto e Corvaglia. Dal giardino utilizzato per le botteghe prese il nome il borgo, che fu detto “Borgo Leuca” per la presenza della strada che  conduceva alla località marina o “Borgo Macello” per la presenza in zona dello stabile del cosiddetto “macello di fuori”.  Nella rimanente parte del giardino Pizziniaco e nei giardini limitrofi si proseguì la lottizzazione fino ai primi anni del 900.  

Borgo Idria  

Il borgo prende il nome dalla vicina chiesa di S. Maria dell’Idria. La zona, pur essendo la arte più alta del pianoro che circondava la città, non possedeva, secondo alcuni, i requisiti necessari a una crescita urbanistica perché “chiuso da  insormontabili barriere, cioè il massiccio e tetro edificio della Casa di pena e la chiesa dell’Idria col suo immenso convento annesso: due grandi diaframmi che non potranno mai essere demoliti”.  

Il borgo, invece, sorge ugualmente con la progressiva lottizzazione dei terreni della famiglia Personè, una delle più importanti  tra la nobiltà leccese. Nonostante la presentazione di progetti non sempre approvati dalla Commissione edilizia, le nuove  costruzioni nella fase iniziale (intorno al 1890) si concentrano lungo la via di Monteroni, poi nei primi del Novecento lungo le tre perpendicolari Battaglini, Rubino, Dimitri; a metà degli anni venti si attua la lottizzazione verso la ferrovia; infine negli anni trenta le domande si riferiscono alla zona che prospetta sulla piazza Dante Alighieri.  

Le prime abitazioni sono semplici e di piccole dimensioni, spesso col solo pianoterra, le sopraelevazioni verranno dopo. Il borgo, considerati i vincoli imposti dalla Commissione, si caratterizza soprattutto per il suo aspetto tipo logicamente omogeneo.  

Borgo Salnitro.  

Il borgo, che gravitava sul lato occidentale dell’attuale Viale dell’Università, era delimitato dal rettifilo in asse con Porta Napoli,  ora via Taranto, e da via D. Birago in corrispondenza di Porta Rudiae.  

In questa zona vi era un vero e proprio sistema di orti, giardini e ville tra cui quella del marchese Palmieri detta “Salnitro”.  Ai primi del Novecento il borgo era considerato tra i meno privilegiati e poco idoneo a un’urbanizzazione in quanto gli unici accessi in città (Porta Napoli e Porta Rudiae) erano distanti tra loro circa 600 metri e da queste per raggiungere il centro correva  circa 1km. Per di più era circondato “da luoghi bassi, paludosi e miasmatici” a causa della presenza di uno stagno che durante  l’estate infestava l’aria.