Sta cambiando aria dalle parti dei cinecomics e a dimostrarcelo è il coraggioso nuovo adattamento del villain più iconico della cultura pop: Joker. Se fino a questo momento la nemesi per eccellenza di Batman aveva sempre avuto, sul grande schermo, un ruolo da comprimario della sua controparte eroica, in questo nuovo ambizioso progetto Warner e Dc  pongono la sua ascesa a principe del Caos al centro di una pellicola memorabile. Preceduto da un riverbero mediatico imponente il Joker diretto da Todd Phillips è stata la prima pellicola di genere supereroistico a concorrere al Festival del Cinema di Venezia e a conquistare un meritatissimo Leone d’oro.

PUT ON AN HAPPY FACE, ARTHUR 

In una Gotham sull’orlo del collasso sociale, che deve molto alle atmosfere tipiche del cinema di Martin Scorsese, Arthur Fleck è emarginato sociale, disadattato e vittima di non meglio precisati disturbi mentali che vive con la madre e lavora come clown per sbarcare il lunario. In una origin story viscerale, il personaggio di Arthur, vittima di una società che lo ripudia e lo umilia, aspirante comico convinto che il suo obiettivo nella vita si far ridere gli altri, viene indagato in tutta la sua complessità e profondità in un escalation di eventi che lo condurranno a divenire Joker. 

LA CONSACRAZIONE DI UN TALENTO PODEROSO

A dare le fattezze a questa nuova, cruda, versione del Joker un Joaquin Phoenix in stato di grazia, capace con un solo sguardo o un solo gesto di trasmettere tutto il dolore, i disturbi la lucida follia di Arthur. Un’interpretazione magnetica, magistrale e autentica, capace di glorificare il talento smisurato di un attore che, finalmente, potrà ottenere la sua consacrazione anche fra il grande pubblico. Il ruolo della vita, insomma, grazie al quale, siamo certi, Phoenix farà incetta di nomination e premi durante la prossima Awards Season. 

TRA AUTORIALITÀ E CONTROVERSIE

Ciò che maggiormente stupisce alla visione di Joker, però, è certamente il piglio autoriale dato alla pellicola da un regista, Todd Philips principalmente conosciuto per aver diretto commedie (la saga di Una notte da leoni). Riscopriamo in questa veste drammatica un autore maturo, a tratti brillante, nella sua capacità di seguire con la macchina da presa il suo protagonista perseguendo un iperrealismo e una crudezza mai visti prima in un cinecomic. La maestria nelle scelte registiche tradisce l’intento di offrire allo spettatore un’analisi viscerale e meticolosa della discesa negli inferi della follia che, lungi dal divenire glorificazione della violenza o dello stesso supercattivo, come dai detrattori sostenuto, si tramuta in un’aspra denuncia delle brutture e agli orrori di una società cieca e meschina.

L’INIZIO DI UNA RIVOLUZIONE?

Malattia mentale, abbandono, umiliazione, classi sociali, potere distruttivo dei mass media, povertà, disagio, uso illecito delle armi da fuoco sono solo alcuni dei temi bollenti che questo instant cult tratta con un’autenticità disarmante, che lascia l’amaro in bocca e tanto su cui riflettere. Un pregio raro in un ambiente, quello dei cinecomics, sempre più monocorde, posticcio. Il nostro augurio è che non si tratti solo di una mosca bianca, ma anzi della prova che anche i film di supereroi hanno qualcosa da dire. Intanto, con un sorriso consapevolmente amaro tessiamo le lodi di un lungometraggio di genere già capace di fare storia. E, Don’t forget to smile.