A chi non è capitato almeno una volta di prenotare un viaggio o un albergo dal proprio smartphone? Ebbene, abbiamo pagato questa comodità con un sovrapprezzo non indifferente.

Prenotare un viaggio dal proprio smartphone o tablet è sempre più comune. Lo si può fare mentre ci si reca al lavoro o mentre si è tranquillamente sdraiati sul divano. Tuttavia pochi sanno che la maggior parte dei siti di prenotazione online non ha dei prezzi fissi, ma questi possono variare a seconda del terminale utilizzato. Esistono infatti degli algoritmi che determinano il tipo di dispositivo e in base a questo diversificano il costo del prodotto. Questa pratica commerciale è utilizzata soprattutto dai siti di prenotazione online, come ad esempio Edreams, noto portale che raccoglie le offerte di diverse compagnie aeree permettendo all’utente di scegliere la più economica. Nel nostro test prenderemo in esame i prezzi di diversi voli aerei, partendo da tratte nazionali fino ad arrivare a quelle internazionali.  Come si può osservare dal grafico, i costi risultano maggiori sui dispositivi mobili come iPhone o Huawei, dove possono arrivare ad essere il 30% più costosi. Sono invece più bassi e quasi del tutto equivalenti tra loro quelli ottenuti dai due computer. Anche scegliendo tratte diverse, sia nazionali che internazionali, notiamo come i dispositivi mobili riportino un prezzo maggiorato rispetto a quello dei computer.  Sembrerebbe quindi che i prezzi siano volutamente aumentati sui dispositivi mobili. Non a caso, come dimostrato da Audiweb [1], la maggior parte degli utenti che accedono a internet lo fa tramite smartphone o tablet, mentre sono sempre meno coloro che utilizzano un computer. Se ci concentriamo solo sui giovani, la percentuale di utilizzo del computer scende ancora di più. L’aumento dei prezzi sui dispositivi mobili garantisce quindi guadagni considerevoli, poiché la maggior parte degli utenti che fanno acquisti online ha un’età inferiore ai quarant’anni. Al di là del dispositivo utilizzato bisogna tener conto del fatto che quasi tutte le informazioni che ci arrivano da internet, soprattutto se commerciali, sono adattate oltre che al profilo di utenza, al nostro profilo di consumo. A chi non è mai capitato di vedere dei banner pubblicitari che pubblicizzano un articolo appena cercato sul web? Questo perchè la pubblicità che ci viene mostrata online si basa sulle nostre ricerche e ci propone prodotti che possano rispecchiare i nostri interessi. Senza accorgercene lasciamo in rete così tante informazioni personali da consentire a chiunque di conoscerci così bene da poter studiare campagne pubblicitarie o elettorali mirate. Internet è considerato dalle grandi aziende come una miniera di informazioni su cui basarsi per stilare listini prezzi e offerte. L’uso di queste tecnologie può risultare decisivo anche nelle campagne elettorali. Durante le elezioni americane del 2016, Donald Trump, attuale presidente degli Stati Uniti, è stato il primo a sfruttare il PDI (Political Data Interface), un algoritmo che basandosi in parte su dati reperibili in internet è in grado di tracciare il profilo preciso di ogni elettore americano. Grazie ad esso, Trump è riuscito ad individuare gli Stati con una maggior percentuale di indecisi e quindi a scegliere i luoghi migliori dove tenere i comizi elettorali. Se Trump ha vinto le elezioni negli Stati Uniti lo si deve in parte anche all’utilizzo di queste informazioni, che possono rivelarsi fondamentali quando due candidati hanno più o meno la stessa percentuale di voti. Questo ci deve far riflettere su quanto sia importante tutelare la nostra privacy. Ci si prospetta un futuro dove potremmo essere, totalmente controllati da multinazionali e aziende senza scrupoli che pur di lucrare potrebbero sfruttare i nostri dati a loro piacimento. Sarebbero in grado di stilare un profilo completo sulla nostra persona, dalle preferenze personali fino ai nostri orientamenti politici. È veramente questo il futuro che vogliamo?