di Federica Tarantino

​​I nostri cellulari “scadono”? Può sembrare assurdo, ma è così.

Si tratta di una strategia industriale nota come “obsolescenza programmata“, adottata dalle aziende per accorciare la vita dei prodotti e spingere i consumatori all’acquisto di nuovi modelli.

Uno dei principali responsabili di questo processo di invecchiamento è rappresentato dagli aggiornamenti di sistema, spesso colpevoli di rallentare le prestazioni dei telefoni. 

Ciò non è un’illusione come molti credono, ma una realtà concreta.

Molte aziende, inoltre, bloccano gli aggiornamenti di sistema, rendendo le applicazioni incompatibili e trasformando il telefono in un dispositivo obsoleto persino per funzioni di base come WhatsApp.

Una di queste è proprio Apple, i cui aggiornamenti vengono bloccati dopo 5 anni dall’uscita del device.

Persino le difficoltà nelle riparazioni giocano un ruolo cruciale. 

I pezzi di ricambio costosi, lunghe attese per le riparazioni e la complessità dello smontaggio fanno percepire all’utente che sia più conveniente l’acquisto di un nuovo dispositivo alla riparazione di quello vecchio. 

Le conseguenze di questa tendenza vanno oltre il semplice dispendio finanziario, influendo sulla gestione dei rifiuti.

Solo nel  2022, ben 5,3 miliardi di cellulari sono stati gettati, ma solo il 20% è stato riciclato.

Un dato allarmante destinato a crescere anno dopo anno.

Nel tentativo di affrontare questa problematica, il 1 Gennaio 2021 la Francia ha introdotto il così detto “indice di riparabilità”.

 Si tratta di  un punteggio compreso tra 0 e 10 tenente conto di 5 criteri, tra cui smontaggio, disponibilità di ricambi e prezzo degli stessi, che ha l’obiettivo di informare i consumatori sulla riparabilità del dispositivo al momento dell’acquisto e promuovere una scelta consapevole.

Un passo avanti verso una gestione più sostenibile e consapevole della tecnologia.