di Cristina Milanese

Il 2 dicembre 1922 arrivava a Lecce il principe Umberto II. La città era in festa e acclamava con gioia il reale. Lontano dal clamore della piazza e dalla gente, in quegli stessi attimi, si spegneva nella solitudine Cosimo De Giorgi. Amilcare Folcarini un anno dopo scriverà così di quel giorno: “L’amministrazione comunale della città, dimentica del suo insigne concittadino (…), non gli tributò gli onori dovutigli“.

Nato a Lizzanello il 9 febbraio del 1842, Cosimo De Giorgi si formò presso la Scuola dei Gesuiti del Collegio di San Giuseppe di Lecce. Le lezioni sui diversi modi di discettare, tra il parlare “squisito” – l’imitatio – e quello “concertato” – la variatio – maturarono in De Giorgi una straordinaria comunicativa, duttile e accomodante, che avrebbe fatto di lui “lu dottore ca parla sette lingue“, nelle parole dei suoi concittadini. Dopo gli studi collegiali si traferì dapprima a Pisa per conseguire la laurea in Medicina nel 1864, e quindi a Firenze per specializzarsi in Chirurgia tra il 1865 e il 1866. Le città toscane erano l’epicentro del pur lento progresso industriale italiano e si affacciavano gradualmente al milieu positivista europeo. Firenze cambiava volto per diventare capitale del Regno nel 1865, mentre Pisa rappresentava il centro nevralgico degli studi scientifici nella penisola italiana.

De Giorgi respirò quel fervido clima di progresso industriale, mutuando l’operatività del metodo scientifico pisano. Fu proprio il desiderio di veder anche la propria terra modernizzarsi che lo portò – rientrato a Lecce – a coniugare il sapere scientifico all’utile sociale. Egli si dedicò anima e corpo al proprio territorio, abbracciando nella sua intensa ricerca storia, archeologia, meteorologia, arte, agricoltura, igiene, paleontologia, geografia, idrografia e sismologia. Una padeia vastissima, eterogenea, che fu sempre “ricerca sul campo”, osservazione e sperimentazione. Lungi dall’essere l’erudito chiuso nella sua torre d’avorio, De Giorgi fu dunque un intellettuale umile e poliedrico, “lu dottore senza cappottu ca conferenzia cu tutti“. La sua consapevolezza sociale ed antropologica vedeva nella scienza il giusto strumento per cambiare la mentalità del “fazza Diu“, in un’ottica di dinamico impegno civile. Ciò manifestava la sensibilità europea dello scienziato, pienamente inserito nel panorama culturale della seconda metà dell’Ottocento, a cavallo tra Romanticismo e Positivismo.

Quello di De Giorgi non fu un percorso privo di ostacoli. Egli si dovette confrontare con l’inerzia della classe politica locale, che lo costrinse addirittura a compiere ricerche a proprie spese. Ricerche intense che portarono a notevoli successi, tra cui la scoperta dell’anfiteatro romano di Lecce, la fondazione dell’Osservatorio Meteorologico, della Rete Termopluviometrica Salentina e la realizzazione della prima carta geologica della provincia di Lecce. Conquiste scientifiche e culturali per il territorio salentino di allora, che tutt’oggi sono simbolo dell’entusiasmo conoscitivo, della perseveranza, dell’amore per la propria terra e per la diffusione del sapere di Cosimo De Giorgi.