Memorie…cesellate nel tempo da spiriti ignoti del passato, trascinate freneticamente, immerse nel pesante respiro di una locomotiva a vapore; deportate crudelmente in vagoni corrosi dal vento, che percorrevano un viaggio di sola andata sulle stridenti rotaie levigate dall’aria invernale.

Memorie contrassegnate da un simbolo, una stella, un codice…vittime di un veleno mai debellato che circola ancora nelle vene della nostra società. Innocenti privi della loro libertà, delle proprie emozioni, agglomerati in un mattatoio umano, solo perché “diversi” agli occhi del mondo. La Shoah non è altro che la coesistenza tra orrore e fragilità, il nesso tra crudeltà ed indifferenza: fattori letali per l’uomo. Ed anche se il regime nazista è finito da tempo, la sua venefica eredità è tramandata ogni giorno. L’Olocausto è la materializzazione della debolezza umana, dell’insicurezza sfociata in cinismo, morte e miseria, e la tassonomia umana attuata dagli ideali del regime nazista, non è altro che l’esigenza di distinguersi tra l’umanità, sviluppando un egocentrismo collettivo limitato solo a pochi individui con specifiche caratteristiche morfologiche, simbolo di supremazia. Ma tra l’impudenza della guerra, forse le vere vittime dell’incubo empirico, che è l’Olocausto, sono i bambini, i quali sono stati privati di una parte fondamentale della loro vita: l’infanzia; gli anni più dolci dell’ esistenza deragliati su macabre realtà e cruenti supplizi. Una coesistenza imperfetta quella tra puerizia e guerra, due entità opposte costrette a collidere violentemente, circondate da un paesaggio tetro e apocalittico. Nel brano del gruppo inglese Jethro Tull, “War Child” la frase ricorrente del ritornello è “il bambino della guerra danza nei giorni e nelle notti lontane”. Questa strofa evidenzia una tenera seppur malinconica realtà, riconducibile anche a oggi: milioni di bambini costretti a vivere in condizioni di miseria e morte, hanno una visione prospettica del mondo diversa dalla nostra, perché semplice e incondizionata, forse frutto di un’ignota utopia lontana nel tempo. Il nostro compito oggi è quello di vedere a volte il mondo sotto un’altra angolazione, confrontandoci con chi ci circonda, ma soprattutto senza lasciar svanire quelle pallide memorie immerse nel pesante respiro di una locomotiva a vapore.