Sin dall’antica Grecia lo sport è stato l’anello di unione fra popoli, culture e società diverse.

Tutt’ora, lo sport è un treno che porta in giro per continenti, nazioni, città e paesi per sperimentare fatica e condivisione; è un’occasione di confronto nonché il mezzo per confrontarsi con gli altri ma soprattutto conoscere se stessi scoprendo i propri limiti. Lo sport dunque in quanto punto di incontro fra numerose etnie, religioni e culture dovrebbe rimanere isolato dalla politica, “un’isola felice” separata dalle problematiche e dalle contraddizioni sociali della quotidianità. Tuttavia la storia ci ha mostrato che proprio questo incontro di popoli provenienti da tutto il pianeta trasforma le manifestazioni sportive in uno specchio della realtà contemporanea con tutte le sue ingiustizie e i suoi soprusi;Facendo una disamina dei conflitti generati da importanti manifestazioni sportive gli esempi sono innumerevoli; per esempio le olimpiadi di Berlino del 1936 altro non furono che un pretesto per il Fùhrer, Adolf Hitler, per celebrare la razza ariana. Tuttavia l’atleta afro-americano Jesse Owens con la vittoria di 4 medaglie d’oro ridicolizzò quest’assurda idea razzista.  Ma problemi di natura sociale non si manifestarono solo nella Germania nazista del ’36, ma in molte altre occasioni come nelle olimpiadi messicane nel ’68. In quest’occasione i tumulti si scherarono contro il razzismo: infatti molti stati minacciarono di boicottare le olimpiadi a causa della partecipazione del Sudafrica, nazione in cui vigeva l’apartheid. Nella stessa occasione si situa la celebre protesta (che ha fatto la storia) dei due afroamericani T. Smith e J. Carlos che salirono sul podio con i pugni alzati in guanti neri simbolo del Black Power.   Manifestazioni analoghe si presentarono quattro anni dopo a Monaco di Baviera a causa della partecipazione della Rhodesia, un paese che introdusse una forma di apartheid simile a quella Sudafricana. In quell’occasione si ebbe anche una proiezione sullo scenario internazionale del conflitto arabo-palestinese con l’irruzione dei terroristi palestinesi di “Settembre Nero” negli alloggi degli Israeliani e determinò la morte di nove atleti della Stella di Davide, 5 fedayn e due poliziotti tedeschi. L’intromissione della realtà politica nello sport non è purtroppo una problematica riguardante solo il secolo scorso. Ne è la dimostrazione il divieto imposto dal ministro degli Esteri della Malesia S. Abdullah di ingresso agli israeliani per il campionato di nuoto valevole per le qualificazioni alle Paraolimpiadi del 2020. Questo non è altro che l’ennesimo esempio di ‘invasione di campo’ della realtà circostante nel perimetro dello sport. Gli stati civilizzati non possono rimanere indifferenti, devono agire per separare i due ambiti: politica e sport. Quest’ultimo deve infatti assolutamente avere con l’aiuto e la collaborazione di tutti i governi  la possibilità di rivendicare i suoi veri e più importanti valori: uguaglianza, libertà e sana competizione.