di Benedetta Palma

Tutta colpa di Sandy e Danny” è questo il primo tweet pubblicato al termine della proiezione nei primi giorni del 2021 sul canale inglese BBC1 del celebre musical Grease.

Ambientato nel 1958 e girato nel 1978, il celebre film, ormai diventato un cult, a più di quarant’anni dalla sua uscita è stato investito, a causa del “politically correct” da diverse critiche. “Sessista, omofobo, misogino, eccessivamente bianco”: sono queste alcune delle accuse mosse contro il film dagli utenti dei social.

Danny, cantando Summer Night descrive i suoi tentativi di sedurre Sandy e le voci del coro rispondono “tell me more, tell me more, did she put up a fight?” (Dimmi di più, dimmi di più, lei ha lottato?) questa la prima criticità riscontrata. E’ un possibile incitamento a stupro – affermano alcuni telespettatori – o una normalizzazione della violenza sessuale. Non ci sono coppie formate da ragazzi dello stesso sesso durante il ballo – twittano i sedicenti paladini del politically correct – e Sandy abbandona il look da educanda anni ‘50 e indossa dei pantaloni più sexy solo per amore.

I dubbi circa la fondatezza di queste accuse sorgono spontanei. Benchè in una discussione come questa tutti i pareri siano rispettabili, è necessario, prima di puntare il dito, rendersi conto del periodo storico in cui l’opera di finzione in esame è stata ambientata. Alla fine degli anni cinquanta atteggiamenti e comportamenti come quelli che oggi costituiscono la ragione delle critiche erano leciti e normali. Se, a posteriori, risulta utile identificare le criticità, per evitare che le medesime siano riproposte in contenuti ideati, prodotti e, soprattutto ambientati, ai giorni nostri, nell’analisi di un cult di quarant’anni fa la parola d’ordine è contestualizzare.

Perchè, se volessimo registrare ogni problema (o che tale ci sembra nell’ottica del ventunesimo secolo) di rappresentazione in ogni contenuto di finzione girato dalla nascita del cinema ad oggi, non basterebbero trentatré canti in terzine dantesche per spedire tutti i film (im)meritevoli nel nostro inferno cinematografico mentale. Prima di portare a casa l’immane impresa verremmo strozzati dalla dittatura di questo perverso politicamente corretto, sempre più identificabile quale rancido perbenismo di facciata che ci allontana soltanto dal nostro tanto agognato cambiamento culturale in fatto di parità di genere e diritti delle minoranze.

Bisogna, quindi, lasciare certe opere al loro tempo perché a quel tempo appartengono ed a quel tempo vogliono parlare. Volerle decontestualizzare a tutti i costi, adeguarle al sentire di oggi, è un esercizio vano. Nonché controproducente.

Ogni generazione è cresciuta con i suoi intoccabili eroi che  hanno fatto ballare, sognare, cantare, piangere e ridere a crepapelle e che si chiami John Travolta o Sandy poco importa, sono opere frutto di fantasia e di un tempo ormai passato e come tali vanno lette e giudicate. 

Potremmo mai criticare il celebre Dante per aver costretto i peccatori a pene così disumane?


Critiche di questo genere non hanno risparmiato neanche alcuni classici Disney, tanto da spingere la compagnia a correre ai ripari.