di Marco Melito

Si è da poco conclusa l’edizione di quest’anno del Festival di Sanremo, non senza però che sollevasse delle polemiche di vario genere. Tra queste, quella sul discorso di Roberto Benigni, che ha introdotto la primissima serata, sull’importanza dei principi fondamentali della nostra Costituzione, soffermandosi sulla libertà di manifestazione del pensiero, tutelata dall’articolo 21; un articolo che non bisogna dare per scontato.

Sembra difficile che un monologo del genere possa aver creato divisioni, ma così è stato. Gran parte dei telespettatori (e non) si sono divisi in due fazioni. Secondo alcuni, l’artista avrebbe lanciato un messaggio importante, che vale sempre la pena di ricordare. Altri, tuttavia, avrebbero trovato il suo monologo noioso, prolisso, non adatto a una trasmissione “leggera” come Sanremo.

Un’altra, più seria, critica mossa contro Benigni è stata quella di aver riportato l’ormai onnipresente tema della politica anche a Sanremo. Sono stati in molti a pronunciarsi contro questo sconfinamento a Sanremo, perchè violerebbe l’apoliticità della trasmissione. A sostenere apertamente le critiche sono stati anche figure politiche importanti, come Silvio Berlusconi, secondo cui il programma si sarebbe progressivamente trasformato in un evento dai connotati ideologici, nel quale non fa notizia la musica ma piuttosto una serie di provocazioni legate all’attualità.
Non ha, inoltre, aiutato il fatto che non si è conoscenza del cachet esatto percepito dal comico per la sua partecipazione alla kermesse, lasciando spazio a sospetti di ogni genere.

Insomma, d’accordo o meno con queste critiche, non si può non concordare sul fatto che, anche per questo 2023, il Festival di Sanremo non si sia risparmiato controversie politiche, ormai puntuali e prevedibili quasi quanto la trasmissione stessa.

Del resto in una settimana durante la quale tutto passa in secondo piano, perfino la guerra, per farsi notare è molto facile che sul teatro Ariston salti a gamba tesa il teatrino della politica.