di Diletta Nappo

Alcuni trovano una scusa nel cosiddetto “omaggio musicale”, altri parlano di “doverosa citazione”, altri ancora cadono nell’incidente avvenuto “per caso”: il plagio non esita ad assumere forme diverse, e anche quando sembra improbabile credere nell’immagine di Michael Jackson che ascolta, ispirandosi, un disco di Al Bano, la denuncia non conosce incertezza.

Ecco i cinque rip-offs musicali più famosi nella storia della musica.

“Lana Del Radiohead”

2018: Lana Del Rey è derisa dal popolo digitale, quando la sua canzone “Get Free” è scoperta presentare più di un richiamo alla hit “Creep” dei Radiohead, canzone che lanciò la band inglese nella fama assoluta venticinque anni prima. Era tutto lì: gli accordi malinconici, combinati tra loro in successioni armoniche ancora più cupe, nel mentre definite da una melodia rivolta verso il più profondo punto di una spirale dalle sfumature oscure. Notando tali analogie, i Radiohead chiesero a Del Rey di includere i loro nomi nei crediti del brano.

Ma la stessa “Creep” era stata soggetto, nel lontano ‘93, di una disputa tra i suoi artefici e gli autori di “The Air That I Breathe” (The Hollies), Mike Hazlewood e Albert Hammond, conclusa nell’attribuzione di alcuni dei crediti del brano rispetto a questi ultimi.

Ciò che rende legittima l’osservazione dei Radiohead riguardo “Get Free”, è la rarità della sequenza degli accordi, proposti dalla cantautrice, nella pop industry. Su 17.000 hits sono state individuate solo quattro canzoni caratterizzate dallo stesso tipo di componimento.

Del Rey offrì il 40 percento dei diritti alla band, che invece pretendeva il 100 percento. 

Al Lollapalooza brasiliano, la prima annunciò di aver portato a termine la discussione; sia per il raggiungimento di un accordo o per una bandiera bianca da parte dei Radiohead, non si seppe mai.

Ghostbusters o Ritorno al futuro?

Chi non è mai ritornato nell’84 per un po’ di nostalgia da fantasmi? Al tempo, i produttori di “Ghostbusters” sapevano di aver trovato oro alla fine dell’arcobaleno, ma erano anche bene a conoscenza dei benefici che si potevano trarre affiancando ad un buon film un’eccellente colonna sonora. Chiesero inizialmente a Lindsey Buckingham dei Fleetwood Mac di comporre la pista musicale, proposta scartata dal chitarrista per evitare di essere scritturato sempre per la stessa parte dell’artista che compone soundtracks. Huey Lewis and The News vennero successivamente selezionati per il compito; al tempo, però, avevano già accettato di comporre “The Power of Love” per Ritorno Al Futuro.

Infine, l’attenzione fu rivolta a Ray Parker Jr. che sostiene tutt’oggi di aver ricevuto una scadenza di tre giorni. Parker, però, consegnò un prodotto che, contro ogni aspettativa, fu adorato dai produttori, senza dimenticare il resto del mondo e generazioni a venire. La canzone divenne un emblema della cultura pop.

Quando, però, Huey Lewis and The News misero occhi sul brano, Parker Jr. non la passò liscia. La band denunciò la Columbia Pictures per violazione di copyright, in rispetto alla loro “I Want a New Drug”, e il tutto si concluse in tribunale con una somma di denaro, proveniente da Ray Parker Jr., significativa.

Tutti contro i Coldplay!

Quattro anni dopo l’uscita di “I Could Fly” del chitarrista Joe Satriani, i Coldplay pubblicarono la medesima hit “Viva la vida”.

Satriani non fu titubante nel far notare le somiglianze tra i due brani, quando, nel 2009, denunciò la band britannica per, anche lui, violazione di copyright.

Come un carburante per il fuoco del chitarrista, “Viva la Vida” sorpassó il successo della sua musa, scalando fino alla cima della Billboard di trentasei nazioni e vincendo il Grammy per migliore canzone dell’anno.

Satriani non fu però l’unico artista ad aver messo allo scoperto il brano; Yusuf Islam, noto come Cat Stevens, accusò la band nello stesso anno di aver preso ispirazione dalla sua “Foreigner Suite” (1973). Stevens, però, non chiamò in giudizio i musicisti, rispondendo alle frequenti domande sul destino della sua scoperta con: “Dipende da quello che farà Satriani”.

Gli avvocati dei Coldplay difesero la composizione evidenziando l’assenza di evidenza su cui appoggiare la tesi di Satriani, data dalla scarsità delle similitudini tra le due opere. “Non è originale” sostennero, mentre i loro clienti scrivevano su Twitter che il chitarrista “Non è l’autore di “Viva la Vida””.

È probabile che la questione si sia risolta privatamente, con un compromesso di carattere economico.

L’incubo di ogni proprietario di un negozio di chitarre…

Sei anni occuparono Jimmy Page e Robert Plant nella risoluzione della disputa messa in atto da Michael Skidmore, rappresentante degli eredi di Randy California (quest’ultimo chitarrista e fondatore degli Spirit, psych-rockers americani affermatisi nei tardi anni sessanta).

L’accusa di furto del riff di “Taurus”, uscita nel 1968, per la modellazione del mastodonte musicale “Stairway To Heaven” (Led Zeppelin IV), trascinò la band in tribunale nel 2014, anche se già comparsa brevemente in un’intervista del ‘97 a Randy California, quando ancora in vita.

A sostenere la denuncia degli Spirit era il tour che loro avevano realizzato insieme ai Led Zeppelin, poco dopo la pubblicazione di “Taurus”, ipotizzando quindi il primo contatto con il tessuto che avrebbero i musicisti inglesi aggiunto alla tela del capolavoro composto tre anni dopo.

Nel giugno 2016, Page e Plant furono scagionati dall’accusa, ma due anni dopo emersero irregolarità procedurali, da parte della Nona Corte Federale di Los Angeles, riguardanti il risvolto iniziale. Venne richiesta la replica del processo. Ancora un volta, gli Zep contrastarono le accuse mosse: nel 2020 il Supreme Court non accettò tale richiesta, confermando la validità del primo verdetto.

I cigni di Michael             

 La storia ebbe inizio nell’87, quando Al Bano compose “I Cigni di Balaka” insieme al direttore del Corriere della Sera Willy Molco. Il brano divenne la decima traccia dell’album “Libertà!”, di cui è autrice anche Romina Power. Quattro anni dopo Jackson realizzò “Will You Be There”, inclusa nell’album “Dangerous”. Carrisi aspettò il ‘93 per denunciare Jackson, probabilmente all’oscuro dei nove anni che costituiranno la battaglia legale tra i due. La denuncia vide la Pretura Civile di Roma ritirare il brano vittima dell’accusa dal mercato italiano, venendo anche escluso dalla ripubblicazione di “Dangerous”. 

Il confronto tra i due schieramenti del pop, secondo Al Bano, potrebbe aver assistito ad un’intromissione da parte della mafia: al tempo, era nota la circolazione, organizzata da un giro criminalmente legato con Cosa Nostra, di brani italiani a Cuba, dove la musica di Carrisi trovava notevole guadagno. In realtà, qui, diverse composizioni italiane venivano riadattate e vendute in lingua diversa con crediti diversi.

Il legame con Jackson è rimandato alla sua separazione dal produttore Quincy Jones, con conseguente avvicinamento a Tommy Mottola Jr., noto per gli svariati rapporti con associazioni criminali. In particolare, l’FBI ha raccolto evidenza dell’amicizia tra Mottola e il fondatore di etichette discografiche Morris Levy, a sua volta in stretto contatto con la reincarnazione del Godfather: don Vito Genovese.

La masticazione musicale del cantautore americano non è più così improbabile, soprattutto se si ascolta l’intero album da cui è tratta: il contrasto stilistico rispetto al resto delle canzoni è ben marcato.

37 note su 40 vennero accomunate tra le due canzoni, e le prime sei battute di entrambe uguali tra loro.

La sentenza del 4 Novembre 1999 dichiarò Jackson non colpevole, definendo entrambi i componimenti “non originali” in quanto ispirati ambedue da melodie blues in precedenza.

Alla fine, Al Bano propose di realizzare una registrazione frutto della fusione tra i due componimenti, sia in lingua italiana che inglese, eseguendo tale versione anche dal vivo.