di Noemi Cagnazzo, Emanuele Albano, Riccardo Rizzo.
Avete mai sentito parlare di Procida?
Bene, questo articolo analizza due aspetti fondamentali di quest’isola, quello geologico ed i fondamentali cenni storici che hanno portato Procida ad essere l’isola che è oggi.
L’isola è completamente di origine vulcanica, nata dalle eruzioni di almeno quattro diversi vulcani oggi completamente spenti e in gran parte sommersi.
Per modalità di formazione e morfologia, l’isola di Procida si avvicina dunque moltissimo alla zona dei Campi Flegrei, di cui fa geologicamente parte.
L’approfondimento di questo aspetto lo abbiamo riportato in….
In complesso l’isola di Procida appare notevolmente frastagliata, ma le più accentuate articolazioni si succedono lungo le coste orientali e meridionali. In molti tratti queste coste sono ripide, benché l’isola si presenti generalmente piatta e uniforme.
La popolazione di Procida risulta di 9729 abitanti con una densità altissima.
Le campagne sono coltivate specialmente a vigneti, che danno vini assai rinomati; largamente diffuse sono pure le colture degli agrumi e delle patate. Alla pesca e all’agricoltura, che costituiscono le due occupazioni quasi esclusive degli abitanti, va aggiunta una sia pur limitata l’attività industriale.
Per quanto riguarda la storia dell’isola di Procida possiamo iniziare col dire che delle tre maggiori isole del golfo di Napoli è la più piccola, ma fu tra le prime ad essere abitata.
Tra il XVII secolo a.C. ed il VII secolo a.C. l’isola di Procida fu sede di tre popoli: Micenei, Cumani e Romani. Dopo la caduta dell’Impero Romano d’Occidente (V secolo d.C.) l’isola subisce devastazioni saracene insieme a Miseno che non poté più espandersi, costringendo i suoi abitanti a rifugiarsi a Monte Miseno che venne annesso al punto di appoggio più vicino, l’isola di Procida.
Intorno al X secolo, si stabilirono sull’isola i primi insediamenti benedettini nel cenobio di Santa Margherita Vecchia, dove andò consolidandosi il borgo di Terra Casata.
Nel 1529 secolo d.C. il re Carlo V d’Asburgo affidò Procida ai d’Avalos. Personaggio di spicco fu Innico d’Avalos che apportò notevoli cambiamenti sull’isola e, in particolare, al borgo abitato di Terra Casata per meglio proteggere gli abitanti dalle frequenti incursioni saracene.
Di sua opera furono l’edificazione del Castello d’Avalos e la cinta muraria (accessibile solo attraverso il portale di ferro ancora visibile e situato presso il belvedere dei due cannoni) che fece denominare, da allora, il borgo di Terra Casata, in borgo di Terra Murata (terra cinta di mura).
Alla famiglia d’Avalos, a seguito di una confisca, nel XVIII secolo seguirono i Borbone.
Procida e la sua storia si fusero, da allora, con la storia del regno di Napoli.
L’isola divenne feudo di caccia “riserva di caccia imperiale” e il castello d’Avalos, dapprima fu trasformato in palazzo reale e successivamente in Bagno Penale.
Durante la dominazione romana, l’isola fu considerata dai patrizi come un vero e proprio luogo di villeggiatura, successivamente l’isola di Procida, come quasi tutte le isole e le località costiere, fu preda di incursioni barbariche, prima da parte dei Goti e dei Vandali, poi, l’isola subì le devastazioni e le razzie dei pirati saraceni e, tra le peggiori, si rammenta quella capitanata dal pirata Khayr al-Din, detto Il Barbarossa nel 1534. Addirittura la leggenda di San Michele Arcangelo, diventato in seguito il Santo patrono dell’isola, è proprio legata ad una delle tante incursioni che l’isola affrontò.
L’isola di Procida era spesso saccheggiata dalle scorrerie dei pirati.
Nel 1535 però approdò sulle spiagge di Procida il temuto Barbarossa che mise a ferro e fuoco l’isola. A questo drammatico assedio gli isolani non riuscirono a resistere e si racconta che invocarono l’aiuto del loro patrono, San Michele Arcangelo.
Questi accolse il grido dei suoi protetti e discese minacciosamente dal cielo, brandendo tra le mani la sua spada di fuoco. I pirati, spaventati e impotenti di fronte a tutto ciò, non poterono che fuggire via in una tempesta di fulmini che si scagliò loro contro. In segno di profonda gratitudine gli isolani dedicarono al santo l’abbazia che domina Torre Murata.
Nel 1861 con l’unificazione dell’Italia vi è lo scarcerazione dei patrioti, la fuga dei Borbone.
Nel 1868 fu inaugurato il nuovo porto e nel 1875 il cantiere navale, cui segue la nascita dell’Istituto Nautico incaricato di formare costruttori e comandanti di navi. Non sorprende quindi che, ancora oggi, sia ancor più di Ischia e Capri, fucina di marinai e pescatori.
Dal nome di “Monte Miseno“, mantenuto per tutto il corso del Medioevo, il 27 gennaio 1907, a seguito di un referendum, Monte venne riconosciuto come comune autonomo con il nome di “Monte di Procida“. Nel 1957 l’isola viene raggiunta dal primo acquedotto sottomarino d’Europa, mentre negli ultimi decenni, la popolazione, fino agli anni trenta decrescente, comincia lentamente a risalire. L’economia rimane in gran parte legata alla marineria accanto alla crescita, negli ultimi anni, dell’industria turistica.
Il 18 gennaio del 2021 Procida è stata nominata Capitale italiana della cultura per il 2022, con il programma “L’isola che non isola”.
È questa la storia di Procida, una meravigliosa isola, caratterizzata dalle risorse che la impreziosiscono e che mantengono intatto il suo fascino autentico.