di Benedetta Palma

 Didattica e distanza da sempre sono state viste come due parole difficili da associare, infatti sin dall’inizio hanno suscitato curiosità e novità nella comunità scolastica ma, a più di un anno dall’inizio di questo nuovo modo di fare scuola, gli studenti iniziano ad avvertire non poche difficoltà.

La scuola a distanza non si potrà mai sostituire ad una relazione educativa in aula in cui studenti e docenti comunicano non solo con parole, libri e strumenti digitali ma soprattutto con gli sguardi. 

Secondo il sondaggio promosso dal portale Skuola.net e dall’Associazione Nazionale Di.Te. (dipendenze tecnologiche, gap, cyberbullismo), il 62% di studenti boccia la dad. Più della metà degli alunni, dagli 11 ai 19 anni, desidererebbe infatti ritornare in presenza per rifare propria quella routine ormai tanto lontana. 

La pandemia ha trovato tutti impreparati mettendo in difficoltà anche i giovani della generazione Z, i nativi digitali. La funzione della scuola limitata al solo aspetto didattico è riduttiva perchè ha rappresentato sempre un luogo di condivisione e inclusione che ora mancano. 

Insegnanti e alunni sono stati i protagonisti di una vera e propria rivoluzione digitale e sono stati chiamati a rivedere la propria quotidianità. I docenti si sono visti catapultare in una dimensione nuova, cambiando la loro maniera di formare e di valutare i ragazzi. Gli alunni abituati da sempre alle lezioni frontali, trovandosi in un contesto di maggiore indipendenza, hanno rivoluzionato il loro approccio allo studio, non vedendolo più come un obbligo.
A tal proposito è importante sottolineare come il 48.6% degli studenti sostiene di aver perso la motivazione a seguire le lezioni, mentre il 58% secondo il sondaggio non essere riuscito a seguire sempre e con attenzione.

Il ritorno in presenza potrebbe rappresentare un momento di cambiamento della didattica, mettendo insieme la fluidità dell’offerta digitale e l’esperienza che nasce dalla narrazione e del confronto diretto potrebbero riaprire i cuori e le menti dei ragazzi, rinchiusi ormai in casa da più di un anno; quegli studenti che forse non sentono più la scuola come parte integrante della loro vita: non la riconoscono più.