di Clementina Salamina

Il buio silenzio della camera da letto viene interrotto dalla melodia di Rocket Man di Elton John. Un ragazzo dall’aria sonnolenta si sporge immediatamente sul comodino per spegnere la sveglia, consapevole che, per quanto sia la sua canzone preferita, con il tempo potrebbe iniziare ad odiarla. 

Dopo qualche minuto passato a fissare il soffitto, il ragazzo si alza. Si dirige in bagno e si sciacqua il viso. Con le mani appoggiate al lavandino e la schiena curva, scruta con attenzione i propri lineamenti riflessi nello specchio. Apre il cassetto del mobile e si accinge a prendere il pettine, ma nel farlo lancia un’occhiata alla trousse di trucchi della madre. Estrae il mascara, lo regge in mano quasi intimorito da quell’oggetto e da tutto ciò che esso in realtà rappresenta. Alza gli occhi verso lo specchio e, prima che quest’impeto di coraggio si esaurisca, inizia ad applicare la tinta nera sulle proprie ciglia. Ad ogni passata il suo sguardo diventa più intenso, sicuro di sé, orgoglioso, ma non certo per l’effetto volumizzante del mascara. 

Per i corridoi della scuola molti si girano a guardarlo, sussurrando qualcosa all’amico di fianco, un professore lo osserva fisso con uno sguardo indagatorio, supponendo si tratti di una qualche protesta di cui non è a conoscenza. 

Il ragazzo oggi procede con la testa alta. La sua mente questa volta non è affollata da insensata vergogna e da angosciose preoccupazioni per nascondere una parte di sé. Egli pensa solo a quanto sia assurdo che gli stiano dedicando così tanto tempo giudicando le sue scelte anche se non influenzano in alcun modo le loro vite. 

La sua storia non è che una delle tante, in cui qualcuno potrebbe riconoscersi. Ogni giorno un ragazzo si alza con la consapevolezza di dover reprimere parte della propria personalità, rinunciando, solo per paura del giudizio altrui, ad esprimersi  attraverso l’abbigliamento, il trucco o un qualsiasi comportamento che comunque non comporta nessun danno agli altri.

Una paura costruita su secoli di mascolinità tossica, di imposizione di una virilità portata agli estremi, di costrizioni sociali volte a conservare la società tradizionale. Sembra quasi che molti cerchino certezze nei canoni prestabiliti: il rossetto e i vestiti sono prerogative della donna, il calcio e la cravatta lo sono dell’uomo, solo per citarne alcuni. 

Eppure rompere dei dogmi può portare enormi vantaggi.
Si pensi all’esempio più lampante, ovvero i pantaloni: un centinaio di anni fa questi affollavano solo gli armadi maschili, ma ora popolano il guardaroba femminile allo stesso modo. Una conquista apparentemente modesta, ma che (oltre a segnare un passo significativo per l’appianamento del divario tra uomo e donna) sottolinea come infrangere dei canoni antichi possa portare a notevoli benefici. 

È necessario che in una società ci siano delle regole, modellate sul principio secondo il quale la libertà di qualcuno finisce nel momento in cui limita quella altrui, in modo tale da garantire pace e sicurezza ai componenti di una comunità. 
Tuttavia canoni e regole non sono sinonimi. I canoni somigliano, semmai, a costrizioni sociali, soffocanti e immotivate.  

Per quale motivo si dovrebbe invadere la sfera privata altrui, imponendo dei limiti alla libertà di espressione attraverso l’abbigliamento, l’atteggiamento o qualsiasi altro aspetto della personalità, se questo non influenza in modo negativo la vita di nessun altro? 
Se la felicità di un ragazzo o di una ragazza è condizionata dall’impossibilità di mostrare al mondo il proprio gusto personale, perché non permettere loro di farlo senza ricevere sguardi inquisitori?

Non intromettersi nella sfera privata di una persona non corrisponde però a vivere isolati nella propria bolla. Anche se la vita e le scelte di una persona non ci riguardano direttamente, questo non ci impedisce di cercare di comprenderle ed eventualmente di appoggiarle. In questo frangente dovrebbe infatti entrare in scena l’empatia. 
Immedesimarsi nel prossimo permette infatti di comprendere le battaglie che qualcuno combatte per la propria libertà e per i propri diritti ed eventualmente di aiutarlo a raggiungere il suo obiettivo. 

Sradicare costrizioni sociali e canonizzare la rottura con i canoni porterebbe dei vantaggi a tutti, non soltanto a coloro i quali sono limitati da dei dogmi ormai retrogradi. 
Se infatti ogni persona potesse esprimersi pienamente, senza che questo causi alcun danno alla vita altrui, la società nella sua interezza ne potrebbe guadagnare grazie al maggiore scambio di idee che ne deriverebbe. 

Come affermò Friedrich Hegel:

“Possiamo essere liberi solo se tutti lo sono”.