di Francesco Lezzi

Cos’è una distopia? Il termine viene coniato per intendere un’utopia negativa, un progetto, una società futura irrealizzabile con caratteristiche crudeli. Totalitarismi nei quali vengono controllati tutti gli aspetti della vita dei cittadini, anche i più piccoli momenti della giornata.

La letteratura dello scorso secolo ha prodotto una serie di opere che narravano stati distopici. Tra i più memorabili sicuramente 1984 di George Orwell, oppure Il mondo nuovo di Aldous Huxley. È facile capirne il motivo: la prima metà del novecento è teatro di due guerre mondiali e di diversi conflitti minori.

Il clima che si viveva in quel periodo era cupo e teso, e così gli scrittori dell’epoca si rifugiavano nella scrittura e immaginavano distopie che sarebbero nate dalle conseguenze di ciò che accadeva al loro tempo.

Le due opere citate sono molto diverse tra loro. Basti pensare che Orwell immagina che la società del Grande fratello sarà già stabile nel 1984, solo 36 anni dopo la pubblicazione del libro. Huxley, invece, è più fiducioso verso l’umanità e preannuncia l’ascesa di Ford dopo qualche secolo. Sicuro è, però, che gli stati descritti da entrambi gli scrittori inglesi appaiono raccapriccianti ai nostri occhi.

Vengono descritti Stati che creano una mera illusione di felicità nei cittadini. Nella Londra di Orwell gli abitanti non possono fare nulla che trascenda l’ortodossia predicata da chi governa, sono monitorati ventiquattro ore su ventiquattro da telecamere nelle loro case, per strada, negli uffici dove lavorano, persino nei boschi.

Nella Londra di Huxley invece lo stato non ha bisogno di controllare la popolazione, semplicemente perché non si ha la possibilità di pensare fuori dagli schemi. I cittadini vengono educati con “l’ipnopedia”: fin dal giorno di nascita ai bambini vengono ripetute delle frasi durante il sonno per far sì che dei concetti vengano fissati nelle loro menti. Non esistono più le famiglie, i neonati vengono “prodotti in vitro” e divisi in caste, ognuna delle quali destinata ad un posto nella società.

Quindi perché leggere le distopie? Per ricordarci sempre che non bisogna mai dare per scontato la democrazia per la quale i nostri patrioti hanno combattuto, che le libertà e i diritti che abbiamo dobbiamo proteggerli con le unghie. La possibilità di pensare senza dover sottostare a nessuno è un qualcosa di immensamente potente, a cui non possiamo mai rinunciare.