a cura del prof. Francesco Guido

Tra Lecce e S. Cataldo, si estendeva il feudo di San Ligorio, che dell’antico casale si può ancora individuare  l’impianto planimetrico. Un feudo ricco e molto ambito, quello di San Ligorio “vulgariter Sancti Leuceri” o  volgarmente “Santu Lequeri” “di circuito miglia sei in circa confinante col territorio della città di Lecce distante  dall’ anzidetta, città circa tre miglia, confinante da Borea col feudo nominato La Lizza della Sig. D. Domenica  Verardi, da Levante col feudo nominato S. Elia, e col feudo di S. Agata che si possiede dal Sig. Francesco Antonio  Personè Barone di Cannale, da Scirocco col feudo nominato Crocefisso della Mensa Vescovile di detta città di  Lecce ed suoi altri se vi sono confini” 

Un feudo di S. Ligorio viene riportato dal Coco (Cedularia Terrae Idrunti 1378), ma le prime notizie certe  riguardanti questo feudo risalgono al 1464, quando Re Ferrante “dona e concede al Magnifico Antonio Guidano di S.  Pietro in Galatina, habitatore di Lecce pro se suisque heredibus et successoribus ex suo corpore legitime  descendentibus in perpetuum et in feudum Russeu casale nuncupatum Arnesanum de Comitatu Litii et Massariam  seu feudum S. Ligori et Agate siti in pertinentiis dicte civitatis Litii cum corum hominibus vaxallis juribus  venationibus passagiis, tenimentis, Banco Iustizie et cognitione causarum civilium et cum omnibus ad eam  spectantibus…”  

Il 12 dicembre 1489 Re Ferdinando 1° D’Aragona concedè li predetti casali e feudi a Mariotto Corso per se e suoi  eredi. Nell’anno 1521 al detto Mariotto successe Antonio suo figlio…”  

Nell’anno 1529 Antonio Boci Corso asserendo che per contemplatione del Matrimonio all’hora conthraendo tra  Paola sua figlia e Filippo De Matteis have promesso al detto Filippo Ducati 600 sopra l’entrate di un terza parte del  predetto casale di Arnesano in parte delli Ducati 2000 promessi in dote di Paola, domanda perciò il Regio assenzo  alla predetta pro missione prestat in forma…”  

Nell’anno 1540 al detto Antonio successe Prospero suo figlio il quale denunciò la sua morte et obtulit Revelium pro  dicto casali Arnesani et etiam pro feudo S. Ligorii de quibus pretit investiri Petitione Releviorum 4. Et in Cedualre  Adoe axatur dictus Antonius Boci Corsus pro Arnesano in Duc. 72 et pro S. Ligorio in Doc. 5.2.10. In petitione  Releviorum 15 fol. 194 – Vi è denuncia fatta per Prospero Boci Corso per morte di Antonio suo Padre, il quale  possedeva Arnesano e il feudo di S. Ligorio de quibus pretit investiri. Talché si da presupporre che al predetto  Prospero prima sia successo un altro Antonio et al detto Antonio sia successo il presente 2° Prospero e quando così  fusse mancaria il Relevio del detto primo Prospero“.  

Il 1613 il feudo di S. Ligorio fu venduto da Ruggero Bozzi Corso a Pietro Maresgallo per ducati 7700. I Bozzicorso  possedevano il feudo sin dal 1489.  

Nel 1658 Barone di San Ligorio era Innico o Ennico Maresgallo, che nello stesso anno affittava il feudo per 210  ducati annui. Il 6 agosto 1663 “Don Carlo Maresgallo”, in seguito alla morte del padre Ennico, “in quanto  primogenito” diventò erede universale e prese possesso del feudo di San Ligorio.  

Nel 1736 il feudo passò ai Palmieri di Martignano, per acquisto fatto da Laura Venneri moglie di Carlo Palmieri e  nell’ “Apprezzo” fatto lo stesso anno viene così descritto:  

feudo nobile nuncupato Santo Ligorio, cum dominibus , curtibus, capannis Ecclesia, molendino, magazenis, vineis,  terris cultis et incultis” consistente in:  

“Una massaria di tomolate 250 atti a seminare e tomolate 60 macchiose per pascolo di bestiame, colle sue capitanie  di pecore, e capre, vacche, e bovi, cioè pecore e capre numero 170, bovi numero 8 e vacche numero 5 con tutti li  stigli ed ordegni atti e confacenti alla coltura di territorij. Il giardinetto attaccato alla detta masseria di tomola  numero 3 serrato con parieti alti con dentro una casa per il giardiniere con poca vigna, albori comuni, e cisterna per  conservare l’acqua piovana. L’abitazione di detta masseria che consiste in camere sottane non lamiate per uso delli  coloni, una camera anco sottana per uso delle merci, un’altra per rimettere paglia, una stalla col forno, curte per  internar le pecore e capre, colle sue divisioni per gli agnelli, vacche e pecore figliate murate di parieti a secco alti  canne 3 in circa.  

Un molino in ordine colla camera per il molinaro, camere per rimetter paglia.  

Due magazzeni coverti d’imbrici per riponere vettovaglie uno grande e l’altro piccolo, dentro del quale vi sono due foggie per rimettere avena ed orzo.  

Attaccato a detta masseria v’è annessa la chiesa nella quale vi si suol celebrare la messa nei giorni festivi ed il  Barone di detto feudo di questo ne porta peso veruno per esservi alcuni corpi nel feudo della terra di Strudà destinati  a tal peso, e se l’usufrutta il Cappellano, che porta l’obbligo di andarci a celebrare la messa in ogn’anno festivo.  Un pozzo d’acqua sorgente, che si tira a mano, ed è sufficiente per uso de coloni e bestiami.  L’oliveti che sono ne territorij della suddetta masseria consistono in albori numero 460 di macine 25 in fronda. 

Nel tenimento di detto feudo vi sono ancora tre masserie allo stesso redditizie cioè di grano, orzo, avena, fave e lino  con tutti gli altri frutti che si semina in detti territorij redditizi si paga al barone ragione d’ottava, e gli ulivi la decima  che consiste in uno staio d’olio ogni dieci tomola d’olive che nascono in detti oliveti.  

Le masserie sono:  

  • Una nominata Pizzinico, che si possiede da Bernardino Cigala di Lecce, che consiste in territori atti alla semina  tomola 34, e stuppelli 6 ed in macine di olive 29.  
  • L’altra nominata il Trappeto che si possiede pure da Bernardino Cigala con tomola 46 e stuppelli 5 di terre  seminatorie e 96 macine d’olive.  
  • L’altra nominata lo Vadacca che si possiede dal Rev. Capitolo di Lecce, consistente in territori seminatori tomola 44  e 20 macine d’olive in fronda.  

Le possessioni di diversi particolari site nel territorio di detto feudo parimenti redditizie al Barone del feudo di San  Ligorio e sono cioè:  

Possessione seminatoria nominata la Parrocchiana che si possiede dal Parroco del Vescovato di Lecce di tomola 6 e  moggia 4.  

Tre possessioni di terreno seminatorio attaccate una coll’altra che si possiede dai RR.PP. Paolini di Lecce di tomola  26.  

  • La possessione nominata Gallicella che si possiede dai RR.PP. di S. Francesco d’Assisi di Lecce di tomola uno e  mezzo e 5 macine in fronda d’olive.  
  • Possessione nominata Benefizio che si possiede dall’Abate Casilli di Lecce di tomola uno e mezzo di terre  seminatorie e macine 3 di olive in fronda.  
  • Possessione nominata S. Angelo che si possiede dagli Agostiniani con tomola 3 di terre seminatorie e macine 7 di  olive in fronda.  
  • Possessione del Sacerdote D. Giovanni Alari consistente in terre seminatorie tomola 8 e mezzo e macine 5 di olive  in fronda.  

Quali detti territori seminatori consistono in tomolata 170 sottoposti, e soggetti come sopra a dare la decima  spettante d’ottava parte di tutto e quanto si ottiene nelle suddette Masserie e chiusure così essere obbligati.  

I suddetti oliveti esistenti nel suddetto territorio di detto feudo sono macine 165 in fronda e vi è la decima spettante  al barone cioè di uno staro d’olio per ogni 10 tomola di olive apprezzate che saranno d’obbligo del Patrone di dette  olive.  

Vale detto feudo di S. Ligorio come di sopra scritto e confinante ducati 9.191″.  

(A.S.L. notar Francesco Mangia, 46/74, anno 1736)  

Dopo 123 anni, quindi, il valore del feudo era aumentato di 1491 ducati, circa del 20%. La decima e l’ottava che i  proprietari di dette possessioni e macine d’olive dovevano pagare al Barone ammontavano a 1216 ducati l’anno e  precisamente ducati 639 per i terreni seminatori e ducati 577 per le 165 macine d’olive.  

la Giurisdizione che il detto feudo tiene presso il suo territorio delle prime cause, civili, criminali, e miste col jus di  erbatica, e carnatica, l’anno estimata ducati 150”.  

Valore delle unità di misura considerate:  

  • Capitania = Valore della dotazione mobile dell’azienda, come animali, derrate, attrezzi.  
  • Macina = circa 12 tomoli agrari  
  • Moggio = circa un terzo di ettaro  
  • Staio = 17 litri  
  • Stoppello = un ottavo di tomolo  Tomolo, tomolata = 63 are, quasi due terzi di ettaro