di Miriam Caricato –
E’ difficile capire se i social network e la rete siano veramente un’opportunità o semplicemente un salto nel vuoto. Al momento possiamo definire Internet come la più importante porta verso il futuro, che permette di affacciarci al mondo ottenendo un pubblico e facile visibilità. Allo stesso tempo, però, è ancora come un grande esperimento, che riguarda tutti coloro che vi hanno accesso. Col passare degli anni, i primi risultati vengono a galla e si notano i cambiamenti della società.
In rete si ha la possibilità di dar voce alle proprie idee e ai propri pensieri, condividendoli col mondo direttamente dalla propria casa. Apparentemente non ci sono rischi: protette da un nickname, reputazione e identità sono al sicuro.
Oggi abbiamo i mezzi per conoscere chi popola l’emisfero opposto senza dover prendere l’aereo, possiamo rimanere in contatto con chi è emigrato lontano solamente con l’ausilio delle nostre dita. Con i motori di ricerca abbiamo facili risposte a tutto ciò che la nostra mente può pensare: basta digitare una frase e possiamo sapere tutto di tutti. Grazie ai social, si possono scoprire le abitudini dei vicini di casa, ma anche cosa fanno gli americani prima di andare a dormire. Su Internet posso acquistare tutto ciò di cui ho bisogno e farmelo recapitare direttamente a casa, è come l’universo, sconfinato e senza limiti.
Eppure bisogna fare attenzione a non spingersi troppo in là, in questo nuovo universo difficile da conoscere, che attira sempre di più offrendo mille distrazioni. C’è da rendersi conto che, se è vero che si può facilmente celare la propria identità, è altrettanto vero che tutti possono farlo, e i commenti altrui arriveranno comunque, viaggeranno in incognito e faranno centro.
Se in questo momento posso sapere esattamente cosa fa qualcuno dall’altra parte del globo, significa che anche lui potrà sapere cosa faccio io. Ma se qualcuno non è d’accordo? Dov’è finita la cosiddetta privacy? Ormai è un concetto dato per scontato, dimenticato, nonostante tutte le policies che vengono sottoposte quando si apre un qualsiasi sito web.
Da una parte, è esaltante pensare che chiunque, da qualsiasi parte del mondo, possa parlare e interfacciarsi con un altro; ma se consideriamo che, quasi certamente, i due interlocutori non si incontreranno mai di persona, la percezione del fenomeno cambia sensibilmente.
Così, quando i propri cari vanno a vivere in un altro paese, l’opzione di una videochiamata è già la prima sulla lista. Ma, se questa soluzione permette di superare le distanze, è da tenere conto che si rinuncia alla gioia di un momento che i nostri antenati non avrebbero scambiato per nulla al mondo: quell’attimo in cui si rivede un amico, un parente, dopo anni di lontananza e si scoppia a piangere in un abbraccio.
In rete, dunque, si può davvero trovare tutto ciò di cui l’essere umano necessita? Anche un abbraccio o una stretta di mano? Sembra tutto così semplice, ma ci sfugge che stiamo modificando le nostre abitudini in funzione del digitale, fuggendo dalle relazioni interpersonali.
C’è chi dice che Internet sia un posto sicuro, lontano dai pericoli della realtà, ma bisogna saper valutare quanto lontano spingersi per non perdere il segnale dalla terra.
Per esempio, tutti ricorderemo, gli Hikikomori, giovani tra i quattordici e i trent’anni, che il governo giapponese ha letteralmente definito “coloro che stanno in disparte”, ragazzi intrappolati in una realtà che non esiste. Oppure è da tenere conto che in questi anni, si diffonde sempre di più la Nomofobia: la paura di rimanere sconnessi e isolati, senza i collegamenti forniti dal cellulare. Si stima che oltre il 50% della popolazione mondiale ne sia colpita, dai casi più lievi a quelli più gravi ed evidenti.
I social e la visibilità mediatica sono un’arma a doppio taglio. Bisogna sapersi porre dei limiti e non cadere troppo in fondo.