La parola porrajmos, in lingua romanes significa “distruzione”, “divoramento”, ha lo stesso significato di “Shoah”, eppure in pochi la conoscono.

Nella Germania nazista viveva un numero imprecisato di Rom. Alcuni seguivano la tradizione nomade, altri si erano stabilizzati ed erano effettivi membri della società: avevano dimora fissa, lavoravano, andavano a scuola, alcuni di essi ricoprivano cariche nell’esercito. Il pregiudizio generale nei confronti di questa minoranza era però estremamente duro; si credeva che avessero una propensione naturale per il furto, il rapimento di bambini e la magia nera. In un’epoca di dilagante razzismo, i Rom divennero inevitabilmente oggetto di isolamento e teorie discriminatorie supportate dagli studi pseudo-scientifici operati dal dottor Ritter, psicologo e psichiatra e dalla sua assistente Eva Justin. I due si occuparono di studiare le cosiddette “stirpi vaganti”. Ritter venne nominato Direttore della Sezione L3 “Igiene razziale e politica demografica” e ottenne un finanziamento di 15000 marchi per i suoi studi sulla “biologia degli ibridi” per dimostrare il fondamento razziale della devianza criminale degli zingari e della loro conseguente pericolosità sociale. Ritter attuò una classificazione delle diverse classi di zingari: puri, meticci a loro volta classificati in zingari con meno di tre generazioni “pure”, con quattro generazioni “pure” o con cinque o più generazioni e non zingari. Per stilare questa classifica vennero setacciati archivi, registri, villaggi, campagne; ogni cavia venne fotografata, misurata in ogni singolo dettaglio, analizzata e interrogata. Alla fine Ritter riuscì a ricostruire l’albero genealogico fino all’ottava o decima generazione. Alla base dello studio c’era la convinzione che i rom, essendo di stirpe indoeuropea, fossero gli unici ad avere ancora intatto il patrimonio originale della razza ariana. A contaminarlo, però, c’era il “gene del nomadismo”  che li aveva per secoli portati a confondersi con popolazioni di razza non ariana perdendo in questo modo il patrimonio genetico puro. Gli zingari “puri” erano solo il 10%, erano estremamente preziosi e venivano portati in riserve in modo da essere analizzati. I  “puri” non erano contaminati, i “mezzosangue”, invece, dovevano essere eliminati. Eva Justin scelse come cavie 148 bambini rom in un orfanotrofio. Erano come animali in uno zoo: ne misurava l’altezza, la grandezza del cranio, ne analizzava la forma del naso e il colore degli occhi, li guardava giocare, fare passeggiate, divertirsi. Quando concluse lo studio affermò che questi avevano un comportamento peggiore in assenza dei genitori e che quindi non possono vivere in una comunità. L’unica soluzione per evitare la proliferazione di questa minoranza degenerata era la sterilizzazione di tutti i soggetti dai 10 anni in su. Nel 1938 la presenza di questa “stirpe degenerata” non potè più essere tollerata in quanto fattore di contaminazione per la razza ariana. Himmler emanò il il “Decreto sugli zingari”, la polizia iniziò a schedare tutti coloro che per costumi o comportamento erano considerati Rom, venne proibito il nomadismo e stabilite misure discriminatorie. L’obiettivo era la separazione della stirpe gitana da quella ariana. Si decise che i Rom venissero deportati in territorio polacco, senza possibilità di spostarsi mentre venivano allestiti i lager. Vennero deportati tutti, meticci, puri, anche coloro che avevano svolto un ruolo di rilievo nell’esercito.  Nel settore B di Birkenau, venne creata un’apposita sezione, lo Zigeunerlager (Campo degli zingari).  Vennero tatuati con una Z sul braccio e ammassati in baracche sovraffollate.  Nonostante questo, vivevano in condizioni diverse rispetto agli altri prigionieri: le famiglie restavano unite, i capelli, dopo la prima rasatura, potevano essere lasciati crescere e non avevano l’obbligo di lavorare.  La mortalità, però, era altissima e le epidemie si diffondevano a causa della scarsa igiene e del sovraffollamento.  Nei lager gli zingari furono nuovamente oggetto di esperimenti. Venne testata la potabilità dell’acqua di mare costringendo le cavie a nutrirsi esclusivamente di questa e i bambini, principalmente gemelli, vennero studiati da Mengele, “l’angelo della morte”, nei suoi esperimenti per modificare il colore degli occhi. Vennero internate all’incirca 23000 persone, e nel 1944 si decise per la soluzione finale. Le vittime del genocidio furono mezzo milione di persone, molte delle quali uccise sommariamente dai Reparti speciali nei territori orientali. Lo sterminio dei Rom non venne riconosciuto durante il processo di Norimberga. Esso venne dichiarato solo nel 1980, eppure, oggi questo genocidio rimane nascosto in una nicchia, oscurato da crimini maggiori e con più eco, continuando l’isolamento di una comunità che, vagando, appartiene a tutti.