Ricordare.

È una parola grossa, impegnativa, che richiede coraggio, forza di volontà, studio. La storia, quella vera, che conta i morti, legge i dati, e non quella “revisionata”, non si impara mica per strada, e lo studio, come predisposizione umana a conoscere sempre di più, capire, collegare i concetti, non è condizione tipica dell’italiano (medio). Ricordare è una parola che negli ultimi giorni stiamo ascoltando in ogni salsa. In giorni fondamentali per la nostra civiltà, anzi per la civiltà del mondo intero, come il 27 gennaio, Giornata della Memoria, ricordare è un obbligo, un dovere morale, per studenti, cittadini, uomini. Ma questo non basta. Ricordare e basta non è sufficiente. Bisogna agire. Inevitabilmente, la retorica del “ricordo”, della “memoria” finisce per svuotare questa parola del suo significato, o meglio la allontana inesorabilmente da un’accezione pratica, concreta, reale, indispensabile per rendere gli abomini dell’umanità, come qualsiasi sterminio di un popolo, o una dittatura sanguinaria, mai più verificabili. Mai più. Mai più una legge che in Italia parli di razze, come quella del 1938 che portò al macello 7500 italiani ad Auschwitz e fece costruire 38 campi di internamento in Italia; che fece cacciare dalle scuole bambini, giovani e docenti. Mai più omicidi politici in Italia. Giacomo Matteotti, i fratelli Nello e Carlo Rosselli e tutti gli altri 45 mila confinati, deportati e violentati. Di questo si tratta. Qual è la soluzione allora? Smettere di ricordare? Assolutamente no. Ma studiare innanzitutto, ed esporsi, senza paura. Fare opera di informazione, sul territorio, nelle piazze, come nelle scuole. Far capire che un acquedotto qua e là non può minimamente giustificare migliaia di morti ammazzati. Una presunta tredicesima non vale quanto la perdita della libertà. Spieghiamolo ai fascisti che si può bonificare una palude anche senza instaurare una dittatura. . . Fare informazione è il primo passo, dire basta alle tantissime bufale che circolano sul tema, e poi soprattutto aprire un libro di storia, sedersi sulla sedia e studiare. Con la cultura si ottiene la libertà.