Il 27 gennaio, come stabilito dall’Assemblea generale delle Nazioni Unite del 1° novembre 2005, si celebra il giorno della Memoria per commemorare le vittime della Shoah, lo sterminio del popolo ebraico.

In quel giorno del 1945 le truppe sovietiche liberarono il campo di concentramento di Auschwitz. Con l’apertura di quei cancelli si palesò al mondo l’orrore del genocidio nazifascista. In Italia già la legge 20 luglio 2000 n. 211 aveva istituito la giornata commemorativa nello stesso giorno per ricordare lo sterminio del popolo ebraico, le leggi razziali, gli italiani deportati, imprigionati, uccisi e quelli che hanno, a rischio della propria vita, salvato i perseguitati. L’antisemitismo ha origini antichissime; era già diffuso all’epoca dell’impero romano e acquisì vigore con l’affermarsi del cristianesimo. Proseguì poi con la diaspora del I e II secolo d. C. , quando gli ebrei vennero cacciati dalle proprie terre in seguito alla distruzione di Gerusalemme: essi si sparsero quindi in tutto il mondo, creando numerose comunità; furono tuttavia oggetto di persecuzione nell’Europa medievale e moderna e obbligati a risiedere nei ghetti. La rivoluzione francese segnò una battuta d’arresto nella storia dell’antisemitismo, condannato dalla Costituzione del 1791; riemerse nell’Ottocento, saldandosi alle teorie razziste e divenne un problema con il cosiddetto “affaire Dreyfus”, dall’ufficiale ebreo Alfred Dreyfus, ingiustamente accusato di spionaggio. L’antisemitismo divenne l’ideologia dominante della Germania nazista tra il 1933 e il 1945 e si tradusse in una sistematica persecuzione e poi sfruttamento e uccisione degli Ebrei (la “soluzione finale”); fu questo la Shoah, che indica la tragedia del genocidio nei campi di sterminio nazisti durante la seconda guerra mondiale. Gli ebrei non hanno avuto vita semplice probabilmente in nessun luogo del mondo, nemmeno in Salento. Ai tempi di Maria d’Enghen e Orsini del Balzo, infatti, questi furono ospitati nel castello Carlo V, ma alla morte di Orsini Del Balzo gli ebrei, attaccati dai cristiani, furono costretti ad andare via; ritorneranno dalle nostre parti soltanto dopo il dopoguerra. Per quanto riguarda questo periodo, abbiamo molte tracce della permanenza degli ebrei nel Salento e in particolare in provincia di Lecce, in località marine quali Santa Maria al Bagno, Santa Maria di Leuca e Santa Cesarea Terme (dette anche “le Tre Sante”). Questi luoghi divennero dei veri e propri centri di accoglienza dopo l’apertura dei campi di concentramento; qui affluirono molti degli ebrei sopravvissuti ai lager e furono ospitati per circa due anni, in attesa di raggiungere la “terra promessa”. All’interno dei centri, i superstiti venivano registrati, curati e ospitati nelle ville stagionali degli abitanti del luogo (nominati per l’occasione “mayor”), con i quali stabilirono dei forti legami di amicizia. Gli ebrei ospitati man mano cercarono di formare una sorta di comunità: costituirono un proprio corpo di polizia, una sinagoga nella piazza di Nardò, un centro di preghiera per bambini e orfani, un piccolo Kibbutz (fattoria a gestione collettiva) e un municipio; numerosi furono, inoltre, coloro i quali si dedicarono all’artigianato, alla falegnameria e alla sartoria. A testimonianza della loro permanenza sono rimasti dei murales, realizzati sulla parete della “Casina Rossa”, che venne adibita a deposito; il primo rappresenta degli ebrei che, liberati dai campi di concentramento, si recano in Palestina; il secondo un candelabro a sette braccia, simbolo della religione ebraica, protetto da due soldati ebrei; il terzo una donna e un bambino davanti al posto di blocco, mentre tentano di entrare a Gerusalemme.