di Virginia Prisciano

9 novembre 1989. Confine tra Germania Est e Germania Ovest. Il muro di Berlino che nell’agosto del 1961 aveva drasticamente separato la nazione, non esiste più.

Nel maggio precedente si apriva la frontiera fra Austria e Ungheria e grandi manifestazioni nascevano ad Alexanderplatz, cuore pulsante della rivoluzione pacifica che portò il governo della Repubblica Democratica Tedesca ad annullare il divieto di raggiungere la zona ovest della città. La sera stessa del 9/11 migliaia di persone si radunarono davanti al muro per vivere quella data storica sotto gli occhi della polizia, la stessa che fino a un giorno prima accompagnava la “striscia della morte” nel suo intento di rendere invalicabile quel confine.

Fiumi di folla, abbracci, applausi, grida di gioia; i bar vicini al muro offrirono birra gratis a tutti. Si diffondeva il profumo della libertà e ad andarselo a cercare per le strade] erano i giovani che di questa libertà e di questo Occidente avevano solo sentito parlare.

Nello stesso anno comparì sul lato est del muro il noto murales del bacio iconico tra Erich Honecker e Leonid Brezhnev che divenne simbolo della fine della Guerra fredda con la celebre frase My God, Help Me to Survive This Deadly Love.

L’anno seguente, il 3 ottobre 1990, la Germania fu ufficialmente riunita. Sono passati 30 anni da quella notte epocale e Berlino è in festa oggi come nel 1989. 

Il 2/11 scorso si è tenuto il primo derby tra una squadra dell’ovest, l’Hertha Berlino, e una dell’est, l’Union Berlino. E ancora, alla Porta di Brandeburgo splende Visions in Motion, duemila metri di rete fluttuanti in cielo che sventola messaggi di speranze e idee degli abitanti. Questa cosa di dare un significato la sentivo molto – commenta l’autore Patrick Shearnavremmo dovuto renderla un’esperienza collaborativa che coinvolgesse tutti, perché ci sono voluti tutti per far crollare il Muro. E così è stato.

Purtroppo però la storia non rimane mai troppo lontana e si ripete ai giorni nostri, in un’epoca di indifferenza e  ostilità per il diverso, con la costruzione del muro tra il Messico e gli Stati Uniti o tra Israele e Palestina. Ma oggi, come 30 anni fa, c’è chi protesta contro questa ennesima scelta storica di isolamento e divisione dei popoli : ieri con le fughe clandestine da una parte all’altra del muro, oggi con l’arte.  L’idea è venuta a due professori statunitensi, che hanno inserito tra le barre di ferro del muro delle… altalene. Superati i primi momenti di incredulità, da una parte e dall’altra della frontiera bambini ed adulti hanno cominciato a dondolarsi su quelle assi rosa, a giocare e ridere insieme. Così, trasformando la barriera in gioco e interdipendenza, Ronald Rael e la sua collega hanno indicato  il primo passo per il suo abbattimento: la creazione di legami e il superamento dei primi muri da cui evadere. Quelli mentali.