di Camilla Cerasuolo

All’inizio dell’anno, all’Istituto Tumori Pascale di Napoli, un medico di 71 anni è stato sottoposto ad una sperimentazione legata al vaccino a mRNA per la cura del melanoma, un tumore della pelle. 

A differenza degli altri vaccini, questo che sfrutta l’RNA messaggero non ha lo scopo di prevenire la malattia, ma di istruire il sistema immunitario a riconoscere delle particolari proteine, espressione delle cellule malate, attraverso il codice genetico.

L’RNA messaggero è stato scoperto negli anni Sessanta del secolo scorso ed è una specie di postino che trasmette alle cellule le istruzioni per produrre le proteine. Nel caso dei vaccini a mRNA, il messaggero porta le informazioni per produrre delle proteine virali, che agiscono come uno stampo. La proteina è poi riconosciuta dal sistema immunitario come estranea e quindi combattuta.   

Negli anni ‘80 e ‘90 sono stati condotti diversi studi su questa tipologia di vaccino, tra questi uno importante è quello portato a termine dall’immunologo Drew Weissman e dalla biologa Katalin Karikò per l’HIV. Solo in seguito alla pandemia per il coronavirus SARS-CoV 2 e grazie a ingenti finanziamenti, la sperimentazione si è diffusa su scala mondiale fino ad ottenere un vaccino efficace in tempi brevi. 

Il gruppo di ricerca guidato da Paolo Ascierto, direttore dell’Unità di Oncologia Melanoma, Immunoterapia Oncologica e Terapie Innovative, è il primo team italiano a partecipare a questo studio multicentrico di fase 3 sulla combinazione tra il vaccino e l’immunoterapia. Solo alla fine dell’esperimento si saprà se questo primo paziente è stato sottoposto o meno al vaccino, perché si tratta di una sperimentazione a “doppio cieco”. Questa prevede che una parte di pazienti venga sottoposta al farmaco e l’altra al placebo e né il paziente né l’oncologo conoscono il tipo di trattamento assegnato.