di Greta Turco, Noemi Costantini, Benedetta Leo, Ludovica Pulli, Aurora Semeraro e Marco Vedruccio

Tralasciando la pandemia da Covid-19, il 2020 passerà alla storia anche per le numerose rivolte all’insegna della lotta contro il razzismo che hanno acceso le piazze del mondo intero. Tra le ragioni occasionali di queste manifestazioni spiccano i recenti scandali che hanno coinvolto le forze dell’ordine americane, e i numerosi soprusi ai danni dei cittadini di colore. Tuttavia, le cause remote di questi avvenimenti sono molto più profonde e vanno individuate in secoli di lotte e discriminazioni nei confronti della comunità afroamericana. In questo clima, è bene rispolverarne le principali, al fine di comprendere l’essenza, nonché l’importanza e la gravità, della situazione attuale.

La Croce Infuocata del Secondo
Ku Klux Klan

Nel 1865, dopo l’abolizione della schiavitù negli USA, un gruppo di emigranti scozzesi con a capo un ex generale dell’esercito, Nathan Forrest, fondò il Ku Klux Klan, una delle sette segrete più sanguinarie della storia statunitense. Il suo obiettivo era quello di difendere in maniera violenta la supremazia ed i privilegi dei bianchi sugli afroamericani, nonché sulle altre minoranze. A tal fine furono creati diversi klan, ma quello che maggiormente si distinse per la crudeltà delle proprie azioni fu il secondo, la cui firma erano delle grosse croci infuocate. Dopo la Seconda Guerra Mondiale, questo fenomeno si affievolì ma negli anni ‘60 molte organizzazioni utilizzarono l’appellativo “Ku Klux Klan” per opporsi al Movimento per i Diritti Civili

J.F. Kennedy e M.L. King Jr.

In quegli anni, John Fitzgerald Kennedy vinse le presidenziali negli Stati Uniti e tra i vari punti del suo programma vi era quello di occuparsi del klan. Egli non fu il solo del suo tempo ad affrontare il problema del razzismo. Accanto a lui, infatti, spicca Martin Luther King Jr., l’icona del Movimento per i Diritti Civili. La sua vita e le sue opere simboleggiano la ricerca dell’uguaglianza e della lotta alla discriminazione alla base del sogno americano e di quello umano.

Il momento del riscatto vero e proprio arrivò nel 2009, con l’insediamento alla Casa Bianca di Barack Obama, il primo presidente di colore nella storia degli Stati Uniti d’America dopo ben 44 presidenti eletti in 220 anni di storia. Obama rappresentò la speranza in un’Americapost razziale”, ed ebbe modo di esprimere la sua posizione nel 2014, in seguito alla decisione del grand jury di non incriminare il poliziotto bianco che sparò ed uccise il 18enne afroamericano Michael Brown a Ferguson, quando dichiarò: 

Barack Obama

Nel nostro Paese, dove uno dei principi più importanti è che tutti sono uguali davanti alla legge, troppe persone, soprattutto giovani di colore, non si sentono trattati in maniera giusta“.

– Barack Obama

Già prima di questi avvenimenti, però, in America si diffuse il movimento “Black Lives Matter” in risposta alla brutalità delle forze dell’ordine nei confronti degli afroamericani. A questo movimento, fondato nel 2013 da tre donne di colore (Alicia Garza, Patrisse Cullors e Opal Tometi) con l’hashtag #blacklivesmatter è stata riconosciuta una notevole importanza già a partire dal 2018, quando si scoprì che l’hashtag era stato retwittato circa 30 milioni di volte.

Una manifestazione #blacklivesmatter

Con gli eventi più recenti, legati alla morte di George Floyd a Minneapolis, le proteste targate #blacklivesmatter hanno varcato i confini nazionali e acceso le piazze del mondo intero, portando così il movimento alla fama mondiale. Tuttavia, a smuovere le acque sono stati anche i numerosi interventi dell’ormai ex presidente repubblicano Donald Trump, particolarmente avverso alla problematica di genere ed alla lotta al razzismo. Il neoeletto Joe Biden, invece, sembra aver già lanciato un messaggio ben differente, all’insegna dell’amore e del rispetto reciproco, un barlume di speranza di cui il mondo intero era in trepidante attesa.

Alla luce di quanto detto, dunque, si può affermare che quella del razzismo è una piaga ancora ampiamente presente negli Stati Uniti d’America e nonostante l’avvento del XXI secolo e del conseguente sviluppo della comunicazione mediatica, sono ancora in pochi ad essere consapevoli del degrado della situazione. Un esempio lampante è fornito dal film Il Diritto di Contare, in cui la lotta alla discriminazione nei confronti degli afroamericani si mescola alla tematica dell’emancipazione femminile:

“Abbiamo tutti gli stessi diritti. Ho il diritto di vedere il fascino in ogni colore.”

– Katherine Goble Johnson