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di Arianna Camisa –

I testi letterari svolgono un ruolo molto importante per la nostra formazione e cultura. Non si tratta semplicemente di leggere un testo e apprezzarlo, ma di entrare a stretto contatto, provando a immedesimarsi in una realtà diversa da quella che si vive.

I testi di letteratura classica, a differenza degli altri, sono soggetti a continue riletture e studi ed è proprio in queste riletture che vengono fuori le mille sfaccettature e le mille interpretazioni che si possono dare. Un processo continuo che segue la storia, evidenziando dettagli e sfumature che il tempo e il pensiero elaborano. E’ in questo  la maestosità di un testo letterario che non annoia mai, nemmeno dopo le numerose riletture e interpretazioni, dal passato al presente. I testi hanno la capacità di lasciarti qualcosa di nuovo ogni volta che li prendi in mano, ti permettono di leggere, rileggere, ricostruire e rivalutare sempre ciò che dicono. Sono fonti fondamentali dal punto di vista letterario ma anche storico, perché lasciano un segno, delineando una realtà e fanno sì che essa non sia dimenticata ma sempre riscoperta.

In questa riscoperta un ruolo fondamentale va attribuito alla traduzione, che permette di reinventare e ricreare l’effetto voluto dall’autore, ma in altre lingue. Fa sì che chiunque possa apprezzare le parole come se fossero quelle originali, mantenendo l’integrità e la grandezza dell’opera. È minuzioso e creativo il ruolo di un traduttore che si comporta come un secondo poeta che rimodella e ridefinisce una narrazione. C’è poi un ostacolo nella traduzione, che è la perdita di alcuni passaggi o di alcune figure che riescono a rendere l’effetto desiderato solo in lingua originale. Questa è la pecca che si attribuisce alla traduzione, che però se fatta da persone competenti non diventa altro che una sfumatura nell’effettivo testo. La bravura del traduttore sta proprio nel saper rendere al meglio l’opera, facendo sì che l’errore interpretativo o lessicale passi in secondo piano, restituendo al lettore il giusto compromesso tra ciò che è meglio e ciò che dovrebbe essere, nella convinzione che la “molteplicità”delle lingue sia un “dono”.