di Cristina Milanese
Ce lo dicono inglesi, tedeschi, francesi, svizzeri, americani, russi: ce lo dicono tutti. E spesso, quando siamo all’estero, appena ci presentiamo con loro, anche noi ci ridiamo scherzosamente: “I’m from Italy… yeah, Italy… Pizza, pasta, mandolino”.
Non ci vuole una laurea in “italianità” per capire che pasta e pizza sono insite nel patrimonio genetico dell’Italiano.
La prima – è proprio il caso di dirlo – la mangiamo in tutte le salse: apprezzata in tutti i formati (o quasi tutti), ne produciamo 3,3 milioni di tonnellate ogni anno.
La pizza è sabato sera, la pizza è compagnia, la pizza è “chi perde offre a tutti”. Quando siamo in un altro Paese, poi, pretendiamo di assaggiarne le rivisitazioni salvo poi dire, come Checco Zalone in Quo Vado, “Non si scrive Italia invano!”.
Ma il mandolino? Da quale galassia viene il mandolino? Perché è un simbolo dell’essere italiano?
Sembra che Lino fosse un fattorino del primo ristorante italiano della storia e quando si andava lì per chiedere di consegnare le vivande direttamente a casa (all’epoca i rider erano quelli che effettivamente cavalcavano un cavallo per le consegne), il proprietario faceva un riepilogo dell’ordinazione e diceva: “Perfetto, pizza e pasta. E mando Lino”
Sì, avete capito bene, è una squallida barzelletta tratta dal web e…no, non è questa la spiegazione.
Il mandolino nasce intorno al XVII secolo e trova la sua culla nella città di Napoli: liutai famosissimi furono i Vinaccia, primi a produrre mandolini napoletani. Questo strumento, capace di un repertorio illimitato, non è un mero elemento di folklore spesso denigrato, ma protagonista di composizioni raffinatissime. Vivaldi, Hummel, Beethoven sono solo alcuni esempi di grandi maestri che scrissero sonate da intonare con il mandolino.
Nel 1961 dopo alcuni concerti negli Stati Uniti, il Ministero degli Esteri rivolse un vivo complimento a Giuseppe Anedda, Maestro cagliaritano del mandolino: “Lei ha dissolto il luogo comune dell’Italia-spaghetti, Napoli-mandolino”.
Gli stereotipi son sempre stereotipi, sì, ma spesso basta vederci più a fondo per scovare grandi e bellissimi elementi di cultura.