Il rock è morto?Il 2017 è stato un anno molto ricco di musica nuova di qualità, basti pensare ad album come Saturation dei Brockhampton, nuovo astro nascente della scena hip-hop, oppure Pure Comedy di Father John Misty, album d’autore che esplora le contraddizioni e incertezze della vita moderna.
Di tutto il patrimonio musicale uscito nell’arco degli ultimi 365 giorni sono poche le uscite rilevanti che si possono definire propriamente rock ed è forse per questo motivo se alcuni artisti, ad esempio Bob Dylan, sostengono che il rock sia “morto”. Da quest’opinione, ormai sempre più diffusa, nasce la voglia di scrivere di musica ed oggi iniziare una specie di percorso di ricerca e valutazione sulla produzione musicale “rock e dintorni”; perciò potrebbe rivelarsi utile partire da un album, non proprio recente, che per molti è oramai un classico assoluto dell’indie rock moderno. The Glow pt. 2 (2001) è il terzo album in studio dell’ormai defunta band The Microphones, leggendaria band indie della scena di Washington (il cui frontman Phil Elverum continua ancora oggi a rilasciare musica sotto il nome di “Mount Eerie”), a cui si devono anche album come It Was Hot, We Stayed in the Water e Mount Eerie. The Glow pt. 2 è un album che riesce a catturare simultaneamente la rabbia e la fragilità della natura, sia quella che ci circonda che quella umana, tutto grazie alla straordinaria abilità di Phil Elerum di trasformare paesaggi e sensazioni in musica. La canzone che dà il via all’ascolto “I Want Wind to Blow” si apre con una chitarra acustica manipolata talmente bene da dare un grande senso di apertura, mentre il brano si arricchisce man mano di percussioni e altre chitarre acustiche che galleggiano insieme nelle frequenze medie con utilizzo sapiente della ripetizione; la traccia diventa molto più di una semplice canzone, si trasforma in un paesaggio. The Glow pt. 2 è un paesaggio musicale che non può essere osservato da lontano, attraverso uno stereo che fornisce solo una piccolissima parte della profondità e dei numerosi livelli musicali di cui è composto l’album; le cuffie sono la perfetta modalità d’ascolto poiché il suono delle canzoni prende vita e le manipolazioni stereo sono parte integrante del disco stesso; con le cuffie alcuni momenti del disco lasciano senza fiato. La canzone più stupefacente dell’album è proprio quella che gli dà il titolo, ovvero “The Glow pt. 2” che rispetto alla traccia precedente irrompe con una chitarra e delle percussioni molto ritmate, prima di lasciare il posto a una singola chitarra acustica ed infine a multipli organi sincronizzati su più tracce che sono un fantastico tocco all’atmosfera della canzone. In tutto ciò Phil canta alcuni dei suoi testi più cupi e suggestivi: I faced death. I went in with my arms swinging. But I heard my own breath and had to face that I’m still living. I’m still flesh. I hold on to awful feelings. I’m not dead. . . My chest still draws breath. I hold it. I’m buoyant. There’s no end. (Trad. “Ho affrontato la morte, ci sono entrato con le braccia che oscillavano. Ma ho sentito il mio stesso respiro e ho dovuto affrontare che sto ancora vivendo. Sono ancora carne. Mi aggrappo alle terribili sensazioni. Non sono morto… Il mio petto continua a respirare. Lo tengo. Sono un galleggiante. Non c’è fine. ”) quasi in un flusso di coscienza, ma ben strutturato, da sembrare sia musicalmente avvincente che spontaneo; alla fine della canzone gli organi si affievoliscono e lasciano il posto ad una chitarra acustica accompagnata da una batteria. Questo disco non è fatto di canzoni rock pure e semplici e spazia dall’estremamente forte (come in I Want To Be Cold e Samurai Sword dove la chitarra elettrica la fa da padrone) al placidamente calmo (come in You’ll Be In The Air e I Felt Your Shape, delle bellissime ballate) con tutte le sfumature possibili. Le canzoni sono estremamente coese fra di loro ed il disco funziona sia come un’unica grande traccia che come una collezione di brani distinti. I temi di carne, sangue, lacrime, vita e morte permeano l’album in tutte le sue parti e danno un senso di collegamento fra tutti i brani e fanno percepire le canzoni come parte di qualcosa di più grande, senza mai sbatterti in faccia i loro concettiL’ultima traccia del disco “My Warm Blood” si chiude con un battito cardiaco, il segno più primitivo e al contempo importante di vita ed è quello che dà forza all’albumThe Glow Pt. 2 è imprevedibile, volatile, terrificante e confortante. The Glow Pt. 2 è vivo. Valutazione: 9/10Il rock è morto! Viva il rock!