Il re è tornato. E i sudditi accorrono in massa a rendergli onore. Non c’è partita quando c’è lui in campo: l’ultimo dominatore del botteghino. L’unico capace di mobilitare un’intera nazione, compatta nell’assedio di tutti i cinema della penisola. È Checco Zalone (nato Luca Medici) che torna nelle sale con il suo Tolo Tolo (di cui è anche regista) ed incassa nel primo giorno di programmazione più di 8.6 milioni di euro. Oltre un milione di spettatori in un solo giorno. Numeri da capogiro per un film forse distante da ciò che la folla amante del mattatore pugliese bramava, di certo imperfetto, ma audace e sprezzante nella sua divertita rappresentazione di una tragica realtà. 

CHECCO: Il CANDIDO ITALIANO

Come Candido, protagonista sempliciotto e credulone dell’omonimo romanzo di Voltaire, viene catapultato in una serie di (dis)avventure in giro per quello che è tutt’altro che il migliore dei mondi possibili, così Checco, ingenuo e gustosamente ignorante Italiano Vero, protagonista di Tolo Tolo, si ritrova a vivere un’esperianza insidiosa che lo condurrà (forse) a maggiore consapevolezza. E’ il viaggio dei migranti africani, che scappano dalla povertà e dalla guerra dei loro Paesi e attraversano deserti e mari in tempesta, desiderosi di vita e opportunità nel ricco Occidente il nòcciolo di una pellicola non priva di difetti, che sa sorprendere con coinvolgenti momenti musical ed inserti animati.

RISCHIATUTTO

La dappocaggine del protagonista, che rivela l’acume del suo interprete e creatore, è il filtro delle vicende raccontate. E proprio la sua inettitudine è la scintilla che fa scoccare le più divertenti gags comiche (non tutte riuscitissime) della pellicola, mai così dosate, pungenti e, spesso, date le tematiche affrontate, terribilmente amare. Zalone sbeffeggia con la sua iconica sfacciataggine le storture dell’Italia furbetta della corruzione, dei pregiudizi e della quanto mai attuale idiozia fascista. Stereotipi? No, una preoccupante realtà tangibile.
Tolo Tolo è, d’altro canto, il film più rischioso ed audace del comico pugliese per la lucidità con cui tratta di migrazioni, puntando il dito contro l’intolleranza razziale, l’Italia del ‘prima gli italiani’ e l’Europa dei porti chiusi.

DEFINITIVA CONSACRAZIONE O GHIGLIOTTINA?

Con Tolo Tolo, dunque, non si ride tanto quanto si faceva con i film precedenti di Zalone. Piuttosto si sorride, a denti stretti. 
Già si vedono all’orizzonte orde di detrattori inferociti pronti a demolire una commedia che non fa sbellicare come avrebbero voluto, ma che soprattutto tocca nervi, per loro, troppo scoperti. Gli stessi italiani che Checco mette spudoratamente in ridicolo in questa pellicola in tutta la loro ipocrisia e goffa convinzione.
L’evoluzione cui è andata incontro la maschera di Checco Zalone giunge con Tolo Tolo ad una maturità e ad una dirompenza inattesa, diventando cassa di risonanza di un urlo di umanità quanto mai necessario. Questo film, in cu non mancano scivoloni evitabili, ha tutte le carte in regola per spaccare il grande pubblico cui è dedicato: da un lato lo si accuserà di essere esageratamente politico o addirittura buonista, travisandone la sincera analisi della realtà e dall’altro, invece, ne verrà riconosciuto il valore morale, civile, umano. Veicolare messaggi così potenzialmente sovversivi in una società tanto sorda quanto lo è, per la maggior parte, quella italiana è un vero atto di coraggio. Farlo attraverso un prodotto, una commedia, e un mezzo, il cinema, tanto accessibile è un vero colpo di genio. E se poi questo prodotto è firmalto dal re del botteghino, capace di portare al cinema anche i più letargici, c’è davvero speranza che il messaggio arrivi. Noi ce lo auguriamo.