di Gabriele Guerrieri

LE CONFERME 

Date le premesse, l’edizione 2020 degli Acadamy Awards non avrebbe dovuto riservare grandi sorprese. I giochi apparivano già chiusi alla vigilia con ipoteche certe sui premi principali. Le statuette consegnate nelle categorie attoriali confermano le preferenze dei precursors (Golden Globe, Bafta, SAG Awards). Brad Pitt, accompagnato durante la cerimonia dalla madre, è il Miglior Attore Non Protagonista per C’era una volta ad…Hollywood. Laura Dern, in abito rosa e centrino nero della nonna a completare il look, è consacrata Miglior Attrice Non Protagonista di Storia di un Matrimonio. Il tenebroso Joaquin Phoenix, che cita nel suo intenso discorso anche il fratello scomparso River, si assicura la statuetta come Miglior Attore Protagonista per la sua magistrale caratterizzazione del Principe del Caos in Joker. L’etera e tiratissima Renée Zellweger, di bianco vestita, scalza le rivali e incassa l’Oscar come Miglior Attrice Protagonista per il ruolo di Judy Garland in Judy. L’Academy e la sua proverbiale passione Tale e Quale Show. Amarezza per l’argentea Scarlett Johansson che, a fronte di due candidature, torna a casa a mani vuote; un vero peccato considerando la sublime interpretazione in Storia di un matrimonio: la migliore della sua carriera (fino ad ora). Altro premio telefonato, ma meritatissimo, quello alla Miglior Sceneggiatura Non Originale al neozelandese Taika Waititi per Jojo Rabbit, perfetto equilibrio tra dramma e commedia.

LE GRANDI SORPRESE 

Prima (meritata?) statuetta che smentisce i bookmakers è quella consegnata al Miglior Film Animato: è Toy Story 4 a spuntarla. Niente da fare per i blasonati Missing Link e Dov’è il mio corpo?. Topolino deve accontentarsi di questo riconoscimento: il premio per i Migliori Effetti Speciali che avrebbe dovuto ottenere per Avengers: Endgame, gli viene soffiato, all’ultimo, da 1917.

Ma la vera, grande, sorpresa di questi Oscar 2020 è l’inaspettato, ma desiderato da tutti, exploit del capolavoro sudcoreano Parasite capace di monopolizzare l’attenzione di una giuria conservatrice e “ammericana” per antonomasia. Che stia cambiando aria dalle parti dell‘Academy? Di certo questa edizione segna un cambio di rotta decisivo: Parasite è il primo film non in lingua inglese a trionfare nella categoria Miglior Film (The artist, che vinse nel 2011, era, infatti, un film muto e soprattutto ambientato totalmente ad Hollywood). Risultato storico per una pellicola sublime che, forte dell’Oscar come Miglior Film Internazionale, incassa anche la statuetta per la Migliore Sceneggiatura Originale. Premio ritirato dallo stesso Bong Joon-ho che, lodando il lavoro dei suoi compagni di cinquina e citando Scorsese (suo rivale e maestro, per il quale parte una standing ovation di tutto il Dolby Theatre), accetta un secondo Oscar, diventando il primo regista sudcoreano a trionfare nella categoria Miglior Regia.

Grande snobbato il The Irishman di Martin Scorsese. L’Academy e il grande regista italo-americano, in effetti, non sono mai andati troppo d’accordo. A quota due statuette (Miglior Scenografia e Miglior Attore Non Protagonista) C’era una volta ad Hollywood di Quentin Tarantino, superato dal favoritissimo della vigilia 1917 che, soppiantato da Parasite nelle categorie principali che si credevano ipotecate, trionfa nelle categorie Miglior Fotografia, Migliori Effetti Speciali e Miglior Sonoro. Il supernominato Joker, invece, si accontenta di due statuette: quella per il già citato Phoenix e una seconda per la Migliore Colonna Sonora.

LO SHOW

Anche quest’anno nessun presentatore fisso per lo show in cui l’industria cinematografica americana si autocelebra. Volti noti dello stardom hollywoodiano si alternano nella presentazione dei vari vincitori. Il red carpet è dominato da stile ed eleganza e qualche scivolone che non manca mai: già iconico il look del re della stravaganza Billy Porter, sotto tono, invece, il giovanissimo Timothée Chalamet, solitamente capace di galvanizzare l’attenzione in fatto di outfit. A spiccare tra le donne Janelle Monáe in Ralph Laurenin, una divina Margot Robbie in Chanel,  una Brie Larson, da sogno, in Celine e una Natalie Portman femminista che ha sfoggiato un mantello Dior con ricamati i nomi delle registe snobbate dall’Academy.Sul palco esilarante il siparietto delle attrici Maya Rudolph e Kristen Wiig che danno sfoggio delle loro doti recitative perché: Sappiamo – dicono – che ci sono molti registi qui stasera. Volevamo far loro sapere che facciamo altro oltre la commedia.

James Corden e Rebel Wilson, invece, salgono sul palco vestiti come i personaggi di Cats, pellicola stroncata da pubblico e critica, perché di fronte a un tale disastro non si può che sorridere di gusto. Imprevista l’esibizione del rapper Eminem che cerca di dare un pizzico di energia ad una cerimonia abbastanza scialba, seppur ricca di sorprese. Toccante, infine, l’intervento di Billie Eilish, la giovanissima star internazionale, che intona Yesterday dei Beatles durante il segmento in memoriam, che ricorda le star scomparse durante l’anno passato.