di Gaia Naccarelli & Valeria Vittore

Da un mese a questa parte la parola “coronavirus” è un must in tutti i notiziari, che siano radiofonici, televisivi o su carta stampata. Tanta popolarità è dovuta al dilagante contagio e alla paura che la mancanza di vaccini preventivi scatena tra la popolazione.
I coronavirus sono una tipologia di virus capaci di provocare infezioni alle vie aeree; generalmente si tratta di patologie lievi che solo in particolari circostanze si possono trasformare in problemi più gravi. Ad oggi esistono sette tipi di coronavirus capaci di infettare l’uomo, eppure questo scatena un vero terrore.

Nel dicembre 2019 è stato identificato per la prima volta un nuovo ceppo che non aveva mai infettato prima l’uomo.

L’allarmismo da parte dei media ha giocato un ruolo fondamentale per la diffusione della psicosi da coronavirus, una vera e propria isteria di massa che coinvolge gran parte della popolazione mondiale.

In poche settimane la psicosi ha fatto in modo che l’opinione pubblica associasse il virus all’intera etnia cinese causando lo svuotamento di attività commerciali gestite da persone aventi anche solo tratti somatici asiatici e, nei casi più estremi, aggressioni verbali e fisiche.

Eppure è facile capire che il contagio non include un’intera popolazione, una nazione di oltre un miliardo di persone che corrisponde a circa il 20% della popolazione mondiale.

Prevenzione e controllo: queste le misure di sicurezza contro il virus, che certamente non sarà eliminato da futili comportamenti razzisti e dalle “semplici battute” di cattivo gusto. Non ultima, quella sfuggita al portiere della Juventus Gianluigi Buffon nel rivolgersi a un tifoso cinese che voleva semplicemente un autografo. Si è arrivati perfino ad episodi di violenza, come quello che ha visto una coppia di cinesi in vacanza assaliti a Venezia da un gruppo di ragazzi. Come se non bastasse, un nutrito gruppo genitori, in Alto Polesine, hanno rifiutato di mandare i propri figli in una scuola frequentata da due fratellini cinesi (risultati peraltro negativi ai test).

Come ci si sente ad essere esclusi? Purtroppo per noi, la risposta non si è fatta attendere. Negli ultimi giorni la situazione si è ribaltata e anche gli italiani sono diventati vittime di discriminazione: alcuni paesi hanno chiuso le porte ai nostri concittadini. Una nave da crociera italiana è stata fermata e ai turisti è stato fatto divieto di scendere, mentre molte prenotazioni di alberghi in Italia sono saltate. Stiamo assistendo ad una vera epidemia del terrore, alimentata sempre più dalle innumerevoli bufale su internet, mezzo che, se non usato correttamente, può rivelarsi più dannoso di un virus.

(Per approfondire leggi: “Navigare in internet? È come navigare in mare!“)

I dati, distorti o addirittura falsificati dalle fake news, si affiancano a una forma di giornalismo che difetta di equilibrio e contribuisce a ingigantire il problema, parlando di “prove tecniche di strage” o sbattendo in prima pagina un computo dei contagiati aggiornato al minuto.
Lo tsunami di notizie, vere o presunte, ha generato nell’immaginario collettivo il fenomeno della pandemia, al quale una massa crescente di persone ha risposto con reazioni precipitose e scomposte (la fuga dalle zone rosse, l’assalto ai supermercati, la razzia di mascherine e amuchina negli ospedali, gli insulti riversati sui turisti settentrionali in vacanza al sud,solo per citarne alcune).
Il contagio della mente genera mostri, ci impedisce di affrontare in modo razionale (e solidale) il contagio reale e diventa, in ultima analisi, il nemico più insidioso da abbattere.