di Gabriele Guerrieri

Voglio prendere la storia di Hollywood e riscriverla

Archie Coleman (Jeremy Pope)

E’ uno dei protagonisti di Hollywood, nuova miniserie disponibile su Netflix, a pronunciare questa frase in una delle primissime puntate: un proposito che appare una palese dichiarazione di intenti dei creatori della serie. E non potremmo aspettarci provocazione meno ardita dal re Mida della televisione americana. A firmare questa perla in sette episodi è, infatti, un veterano della serialità e che di allettanti sfide se ne intende, quel Ryan Murphy che ha incantato, pur con tutte le riserve del caso, generazioni di amanti delle serie tv con istant cult quali Glee, American Horror Story, Pose e il più recente (sempre firmato Netflix) The Politician. Un’opera, questa Hollywood, che permette a Murphy di confermarsi uno sperimentalista, forse azzardato, talvolta geniale, un autore dall’identità precisa che senza remore sfrutta il mezzo televisivo per lanciare strali velenosi al mondo dello showbusiness. Conquistando, nel mentre, lo spettatore. 

IL SOGNO HOLLYWOODIANO 

La Seconda Guerra mondiale è finita da pochi anni e l’epoca d’oro della Hollywood classica è al suo apice. Nell’atmosfera leziosa dell’America degli anni Cinquanta, un gruppo di giovani talenti, desiderosi di affermarsi nell’olimpo delle star hollywoodiane, dovrà fare i conti con la cruda realtà di un’industria cinematografica dominata dal razzismo, dalla discriminazione e da ottuso passatismo.
Il desiderio profondo di fare la differenza in un mondo apparentemente refrattario al cambiamento e alle novità, sarà sufficiente a permettere a un reduce belloccio con la passione per la recitazione, un regista di origine asiatica, uno sceneggiatore nero e gay e una incantevole e talentuosissima attrice di colore, di fare la differenza e riscrivere la storia?

LE STELLE DI MURPHY 

Il fiore all’occhiello di questa nuova produzione Netflix è proprio nella varietà e nella complessa caratterizzazione dei personaggi, sia inventati che realmente esistiti, tutti dotati di proprie storylines abilmente sviscerate nel corso delle sette puntate che, intrecciandosi, costruiscono una narrazione solida e avvincente. Merito anche di interpretazioni sentite da parte di un cast stellare. Un parterre di protagonisti e comprimari che fanno a gara di talento, tra cui si riconoscono vecchie conoscenze di Murphy, come David Corenswet (The Politician), Darren Criss (Glee, American Crime Story) e una strepitosa Patti LuPone (Glee, American Horror Story). Ma a regalare le più eccelse prove d’attore sono un posato Joe Mantello e un inatteso Jim Parson (Sheldon Cooper di Big Bang Theory) nelle vesti del viscido e ripugnante agente (realmente esistito) Henry Wilson.

TO HOLLYWOOD WITH LOVE

Hollywood è una serie esagerata, esuberante, facilmente tacciabile di buonismo perché attraversata da un ideale anacronismo che, con sprezzante sincerità, strappa la patina di pudicizia e lustrini che teneva nascosto il marciume, le violenze, l’immoralità dilagante nella Hollywood classica, restituendo l’immagine ossimorica di un paradiso infernale capace di trovare in sé il germe di una necessaria evoluzione. Quella raccontata è una storia di rivalsa, di emancipazione e di coraggio che sarebbe potuta essere parimenti ambientata ai giorni nostri: perché la situazione nell’industria cinematografica di oggi non è poi così diversa da quella di settant’anni fa. A suggerirmelo è la stessa serie che, al netto di un comparto trucco, parrucco e costumi magistrale e di una ambientazione che rievoca in ogni inquadratura gli anni Cinquanta, si lascia volutamente sfuggire dettagli che richiamano palesemente il presente.

Con Hollywood si ride, ci si emoziona, si fa il tifo e ci si indigna, si riflette sulle potenzialità di una settima arte capace di imprimere cambiamenti sociali e culturali e visioni del mondo come nessuna legge o imposizione governativa potrebbe mai. Un esperimento metacinematografico che, andando oltre il banale ottimismo, fa sognare e insegna che è ancora possibile innescare la miccia per una rivoluzione culturale che porti sul grande schermo rappresentazioni nuove, originali, che non vengano tagliate fuori dal filtro della discriminazione etnica, di genere o riguardante la sessualità. Basta volerlo, basta lottare con tutte le proprie forze e mettersi in gioco. E cambiando il cinema si potrà forse cambiare la società tutta.