di Beatrice Montanaro

Covid; lockdown; DAD; scuola in presenza e poi scuola online, in continua alternanza, come se la nostra vita fosse un’altalena tra libertà e prigionia.

Prigionia, sembra un’esagerazione, ma così non è e non viene considerata tale da numerosi ragazzi che vedono i loro anni migliori scomparire tra le loro mani, senza che possano intervenire; senza che possano bloccare il tempo per poter tornare a quando tutto era ancora normale, a quando si era ancora liberi; liberi di uscire, di andare alle feste, di passare notti intere a girare con gli amici. Liberi di vivere la propria vita.

Tutto ciò, oltretutto, non è la parte peggiore; sarebbe troppo riduttivo, giusto?

Questa situazione senza precedenti viene peggiorata anche dalla strumentalizzazione politica che ne deriva; la scuola viene vista come un argomento con cui poter attaccare quello o quell’altro partito politico, senza tenere conto che essa sia un insieme di ragazzi con l’unico desiderio di avere di nuovo un equilibrio.

L’unica cosa che hanno fatto finora è stata quella di dare possibili soluzioni senza, però, applicarne realmente una; ripetendo costantemente la vaga promessa di farci tornare tra i banchi, a socializzare con i nostri compagni, quando l’unica conclusione è stata la continua oscillazione tra casa e scuola.

 Dapprima ci hanno dato una vaga soluzione con la classe al 50%, senza che questa, però, durasse molto, rimandandoci a casa a causa dell’aumento dei contagi dovuto ai trasporti male gestiti; infatti, era loro compito sistemare e organizzare la questione dei trasporti, ma a causa di questa loro “parziale” mancanza siamo stati noi studenti a doverne pagare le conseguenze, senza obiezioni.

Recepire ed obbedire è quello che stiamo facendo da un anno a questa parte, ascoltando politici e altre figure di rilievo esprimere quelli che dovrebbero essere i nostri sentimenti e pensieri, senza però avere una vera idea di quello noi stiamo vivendo e provando realmente.

Stabilità, ecco cosa desiderano i ragazzi; non dover più districarsi tra carichi di compiti indicibili per i quali molti devono rinunciare ad attività ricreative, professori che non comprendono appieno le difficoltà degli alunni, giustificandosi con un semplice “è difficile anche per noi”, e l’incertezza su quello che accadrà in futuro, siccome le promesse sono tante ma poche sono quelle che si concretizzano.