di Francesco Lezzi

Era giusto un mese fa quando, aggirandomi tra gli scaffali di casa in cerca di qualcosa da leggere, mi è capitato tra le mani quello che si sarebbe dimostrato uno dei miei libri preferiti. Il titolo era molto accattivante: “Nelle terre estreme: Un viaggio nella natura alla ricerca della libertà assoluta. Una storia vera”. Come potevo dire di no ad una biografia, un genere che da sempre suscita in me un certo fascino. Sarà perché dalle vite dei grandi si possono imparare tante cose, dai loro successi, così come dai loro errori.

L’autore del romanzo è un giornalista statunitense, Jon Krakauer, che fin dalla prima notizia di un corpo ritrovato nelle foreste dell’Alaska, aveva seguito la vicenda e aveva scritto degli articoli per il suo quotidiano. Krakauer nasce nel 1954 e da subito sviluppa una intensa passione per la montagna, fino a diventare in età adulta un alpinista di alto livello. Nel libro, infatti, questo aspetto della sua esperienza trova ampio spazio, e in alcuni casi sarà decisivo per far comprendere allo scrittore le vere ragioni che spinsero il protagonista a compiere le sue scelte.

La narrazione inizia in medias res, partendo da fatti accaduti qualche mese prima della scomparsa del giovane Chris McCandless. Il ragazzo si trova per strada, con uno zaino in spalla ed un fucile da caccia. Fa l’autostop sull’autostrada che collega il Canada all’Alaska, in cerca di un passaggio per quella che sarà la sua ultima casa. Un uomo di mezza età lo lascia salire a bordo del suo furgoncino e durante il tragitto ha modo di conoscere quel ragazzo e il suo strano ma intenso carisma. Gli fa quasi pena, prova dispiacere per i suoi genitori ignari della vita del figlio, ha paura che gli possa accadere qualcosa di terribile lì, in quelle terre dimenticate da Dio, dove la natura è incontaminata e selvaggia.

Chris, però, non è un ragazzo che si fa dissuadere facilmente; se ha in mente un obiettivo, farà di tutto per perseguirlo. A malincuore, l’uomo lo accompagna in una strada sterrata, che porta direttamente “nelle terre estreme” dell’Alaska. Dopo averlo ringraziato per il passaggio e per un paio di stivali nuovi, Chris si lascia tutto alle spalle, addentrandosi nei fitti boschi del Denali National Park, dove vivrà in pace con la natura, ritrovando se stesso e comprendendo il vero significato della felicità, qualcosa che a noi, impegnati in mille cose, a volte sfugge. Chris verrà trovato senza vita a fine agosto da un gruppo di amici che si erano avventurati in luoghi che, a differenza del ragazzo, conoscevano bene.

Una delle ultime cose che Chris McCandless fece in vita fu quella di scattarsi una foto accanto all’autobus sotto la volta celeste dell’Alaska. Con una mano rivolge il biglietto d’addio all’obiettivo e con l’altra porge un saluto sereno e coraggioso al mondo. […] Chris sorride, e il suo sguardo è inequivocabile: McCandless era in pace, beato come un monaco che va dal Signore.” Questo passo riassume tutto ciò che il romanzo vuole esprimere. Krakauer vuole giustificare il giovane, far comprendere a tutti che la sua non fu una scelta imprudente e insensata. Chris era andato in quelle terre aride e dure per trovare la pace, che in tutta la sua vita non gli era mai stata concessa.

Il libro apre a molti spunti di riflessione, ad esempio quanto l’uomo si sia allontanato dal suo “luogo naturale”, come direbbe Aristotele. Lo fa , però, in modo leggero, con uno stile giornalistico agile e veloce e degli espedienti che rapiscono l’attenzione del lettore. Come la scelta di citare, all’inizio di ogni capitolo, uno o più brani tratti dai libri letti da Chris durante l’ultimo periodo della sua vita in Alaska, che ci permettono di comprendere ancora più a fondo il suo pensiero.

Mi sento di consigliarlo a tutti, in particolare agli amanti della natura e agli appassionati di biografie. Non ve ne pentirete.