di Emma Astegiano, Carlo Blasi, Luisa Fasano, Francesca Gaetani, Samuel Guarascio, Stefano Mancarella, Bruno Perulli

Giornata diversa dal solito oggi al Liceo De Giorgi. Cineforum dedicato alla visione del film Sul più bello di Alice Filippi, preceduto dall’intervista di Chiara Buccolieri alla regista: una donna carismatica con una grande storia alle spalle!

  • Girare un film che tratta di tematiche giovanili, come i primi amori, le ha riportato alla memoria qualche episodio della sua adolescenza?

Raccontare episodi passati fa tornare alla mente quando in adolescenza si vede  un ragazzo e allora si pensa “è lui”, quindi ci si immagina insieme per sempre. Un amore appassionato, che, se guardato con gli occhi di un adulto, sembra pieno di limiti; vissuto invece da adolescenti è un amore senza confini.

Penso  che sia stato proprio questo il bello di questo lavoro: sono tornata a quel  grande momento di spensieratezza, quando è molto più facile non vedere i limiti delle cose, poter sognare e pensare senza preoccuparsi delle conseguenze.

  • Negli ultimi anni le commedie d’amore intrecciano spesso la loro trama con il tema della malattia, come ad esempio il film del 2014  ‘Tutta colpa delle stelle’, vincitore di diversi Award. Nel realizzare questo film, ha tenuto presente questi modelli o ha cercato di superarli?

Sicuramente, quando uno fa qualcosa cerca sempre di migliorarsi. In realtà, io sono partita con la mia idea e poi ho sviluppato con lo staff un mondo immaginario in cui sono stati inseriti i vari personaggi, i loro costumi, dando  al film una sua vita quasi indipendente.

Raccontare le malattie non è facile. L’idea dello sceneggiatore era quella di inserire una malattia dalla quale non si guarisce ma che si può nascondere, come la mucoviscidosi di Marta.

Per essere più precisi, ci siamo avvalsi della direttrice dell’ospedale oncologico di Torino, alla quale abbiamo fatto leggere la sceneggiatura e le abbiamo raccontato alcune scene che dovevano essere romanzate, ma al tempo stesso mantenere riferimenti scientifici sulla malattia e sulle sue conseguenze.

I medici ci  hanno dato dei suggerimenti e hanno persino ospitato la protagonista del film in ospedale per mostrarle alcune simulazioni di terapie specifiche, in modo tale che attraverso la recitazione potesse raccontarle al meglio.

  • Si aspettava questo successo nonostante il film non sia uscito nelle sale a causa della pandemia?  

Assolutamente no. 

È stato bellissimo e sorprendente venire a conoscenza di questa grande risonanza mediatica. Innanzitutto noi abbiamo cominciato a girare il film tra il 6 e l’8 marzo del 2020 e subito dopo è scattato il “lockdown”. Successivamente abbiamo lavorato in giorni stranissimi, in un clima di assoluta incertezza: si sentivano  notizie ai telegiornali riguardo alla gravità dello  stato di emergenza, alla sua durata, alle morti. Peraltro noi giravamo il  film a Torino, una delle città più colpite dal Covid. 

Poiché si trattava della mia prima esperienza da regista ero un po’ preoccupata, non lo nego, ma ero anche molto speranzosa. La cosa difficile è stata finirlo, rispettando i tempi previsti.

In tal senso un ruolo molto importante è stato ricoperto dalla produzione, che è stata  efficiente nell’organizzarsi e nel trovare il modo di ricominciare.

Purtroppo il film è uscito nelle sale cinematografiche solo per tre giorni, poiché dopo c’è stato il secondo “lockdown”, ma in quei tre giorni Sul più bello è stato in prima posizione in tutte le classifiche del momento. 

  • Perché, nonostante il successo ottenuto, non ha continuato con i sequel del film?

Per due motivi, il primo è che avevo già un progetto che era totalmente un’altra idea, ovvero un documentario riguardante Marco Simoncelli, un pilota di motogp, il quale ha avuto una storia caratterizzata da una grande determinazione e da un gran coraggio: tutti gli dicevano che non sarebbe mai stato un campione poiché era molto alto e goffo e doveva assumere perciò uno stile di guida molto diverso dagli altri. Nonostante ciò ce l’ha fatta ed è diventato campione del mondo. 

Inoltre quest’anno ricorre l’anniversario della sua scomparsa e avevamo una scadenza ben precisa per finire il documentario, il quale verrà rilasciato a dicembre di quest’anno.

  • E il secondo motivo?

Secondo me la storia di Marta era conclusa e io da regista non avrei potuto dare qualcosa in più a questo film, perchè ormai i personaggi c’erano, la storia l’avevamo raccontata e di conseguenza pensavo che da questo punto di vista il mio percorso fosse concluso.  

  • Si è commossa durante le riprese o dopo aver visto il prodotto finale?

Beh sì, mi sono commossa  due volte. la prima volta è stata quando abbiamo presentato due clip del film non ancora pronto al Giffoni. Quando siamo entrati in sala c’era Alfa, cantante della canzone Sul più bello, e tutti i ragazzi in sala cantavano con lui. Sapere che una canzone che avevo ascoltato così tanto era nota mi ha davvero stupita ed emozionata. 

E poi ovviamente mi sono commossa  alla Festa del cinema di Roma. Rivedere il film lì, con gli attori e  il pubblico è diverso che vederlo da sola, perché permette di condividere le emozioni, perché una risata fa scaturire un’altra risata, una lacrima un’altra lacrima.  

  • Da cosa è iniziata la passione verso il mondo del cinema?

Sai che non lo so. In realtà io mi ricordo che fin da  quando ero ragazzina mi è sempre piaciuta molto l’organizzazione dello spettacolo. Per esempio mia madre mi ha sempre ricordato che già quando frequentavo le elementari adoravo gli spettacoli organizzati a scuola.

Quindi ho incominciato a fare un corso di teatro e mi sono resa conto che mi emozionava mettere in scena delle storie. 

  • Potrebbe definire con una parola o una breve espressione l’esperienza lavorativa con ogni regista con cui ha collaborato, per esempio: Carlo Verdone, Giuliano Montaldo, Mario Martone, Giovanni Veronesi, Ryan Murphy, Ron Howard, Sam Mendes…

Da ognuno di loro ho appreso qualcosa, quello che più mi è rimasto del lavoro con Carlo Verdone è l’atmosfera sul set.

Giuliano Montaldo mi ha insegnato l’importanza del condividere. Il cinema è un lavoro di squadra, in cui il regista è il capitano: ti dà la direzione, ma ha con sé  tanti altri artisti a cui non deve tarpare le ali, deve fare in modo che vadano nella giusta direzione, ma che siano nello stesso tempo liberi di creare. 

  • Quali sono state le principali differenze fra essere la regista di un documentario su una tematica importante e profonda, come quella del rapimento di suo padre, e la regista di un film giovanile e spensierato?

Sicuramente quando parli di una storia che conosci, hai il timore di non raccontarla bene, perché mentre in  Sul più bello la protagonista è Marta, che non esiste, nel documentario il protagonista e i personaggi erano il mio papà e altre persone che conosco: dunque la prima difficoltà era rendere fruibile ad un pubblico una storia familiare. 

Dovevo renderla interessante anche per chi non conosce la mia famiglia e raccontare l’evento in maniera veritiera. In un documentario occorre narrare la realtà così com’è; invece in un film si è più liberi.