Nelle nostre zone la masseria è/era un insieme di fabbricati rustici, una struttura edilizia molto complessa, quasi sempre di  notevole estensione agraria, che svolge/va funzioni differenti: alloggi (anche solo stagionali) per le persone (secondo il loro  ruolo e grado sociale, contadini, pastori, gli stessi proprietari), ricoveri per gli animali (cavalli, muli, bovini, ovini, suini ma  anche polli, conigli e volatili vari), depositi per le derrate alimentari, il foraggio, il raccolto, magazzini per gli attrezzi e gli  utensili, locali per carrozze o carri agricoli e ambienti di lavoro secondo le specifiche attività svolte all’interno del complesso  rurale (frantoi, palmenti, caseifici, forni, ecc.). la presenza di un pozzo e soprattutto di una cisterna per il recupero dell’acqua  piovana permettevano la completa indipendenza del complesso. Nelle masserie più grandi o più importanti era presente (o  all’interno o sul prospetto o nelle immediate vicinanze) anche una piccola chiesa.  

Prende il nome dal termine “masserizie” con cui si indicano tutti gli oggetti, le suppellettili, i depositi, le granaglie, gli attrezzi di  uso agricolo e pastorale, ecc. che, solitamente, erano sempre presenti. L’origine del nome è antichissima; si può far risalire  all’età feudale e più specificatamente all’esistenza del sistema curtense e alla suddivisione delle aree coltivabili in feudi. Tale  organizzazione di sfruttamento del territorio era praticamente una concezione economica chiusa in cui il ciclo della lavorazione  agricola e della produzione si sviluppava tutto all’interno della curtis.  

Questa presentava una suddivisione in pars dominica e pars massaricia. La prima era utilizzata a vantaggio diretto del  proprietario, il Signore; la seconda, era costituita dai mansi ed era sfruttata, secondo le regole e le limitazioni imposte (corvee,  prestazioni di lavoro, affitto spesso era pagato in natura) a sostentamento della popolazione lì residente.  La costruzione di masserie e, conseguentemente, la loro notevole diffusione nel nostro territorio fu spesso la conseguenza di un  sistema sociale, economico e clientelare promosso, tra il XVI e il XVIII secolo, dalla Spagna, nel periodo del suo controllo  politico e militare nel meridione d’Italia.  

In pratica, il sistema delle masserie si deve alla concessione da parte della corona spagnola di vaste aree abbandonate e incolte ai  nobili e ai possidenti locali con le finalità sia di renderle produttive onde poter ricavare tributi, sia di legare alla monarchia la  nobiltà locale, ovvero i Baroni, sempre pronti a sollevarsi per avere maggior potere e maggiore autonomia.  In questo modo si è perpetrata una forma di feudalesimo che, da noi è sopravvissuto fino a tempi abbastanza recenti.  Abbiamo diverse tipologie di masseria; quasi tutte, però, presentano delle peculiarità di fondo che le accomunano e le  caratterizzano. Presentano lo schema della casa con corte agricola, con un recinto che ne delimita l’estensione e un ampio spazio  centrale, il cortile, anche con funzione di aia, su cui si affacciano gli ingressi dei vari ambienti di residenza e lavoro.  

Cenni Storici  

Il territorio compreso tra Lecce, Casalabate e San Cataldo era, un tempo, occupato da estesi possedimenti feudali per la maggior  parte di proprietà di ordini religiosi. Aurìo, Cerrate, San Marco, San Ligorio, ecc. non erano solo entità geografiche, ma fonti di  cospicui guadagni. Su questi feudi si organizzò, a partire dal XV secolo, un fitto tessuto insediativo contraddistinto  prevalentemente da masserie fortificate.  

Le caratteristiche di questa zona costituivano un grosso problema per il popolamento dello spazio rurale e le forme insediative  hanno sempre dovuto tenerne conto. D’altra parte la fitta boscaglia, a ridosso del cordone dunale (la foresta di Lecce), costituiva  un sicuro nascondiglio per i pirati turchi (o chi per loro) che approdavano sulla costa adriatica salentina e da quella fitta lecceta  gli assalti alle numerose masserie erano continui e immediati.  

Le abitazioni, spesso, dovevano risultare idonee ad almeno un quadruplice uso:  

  • 1. segnalazione di pirati dal mare e/o di bande di briganti da terra;  
  • 2. azione di prima difesa contro tutti;  
  • 3. amministrazione e controllo dei fondi;  
  • 4. funzione di più o meno comoda dimora.  

La presenza delle masserie fortificate lungo la fascia adriatica, testimonia l’insicurezza del vivere in campagna per un lungo arco  di tempo che va dal Quattrocento fino all’Ottocento. Per evitare lo spopolamento delle campagne, furono realizzate opere di  difesa per tenere al sicuro le persone e i beni delle masserie. Fu proprio tra Cinquecento e Seicento che si sviluppò  maggiormente il fenomeno delle dimore rurali fornite di elementi per la difesa. 

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Torri costiere, torri-masseria, castelli e case-torri formarono, così, una fitta rete difensiva. Complessi masserizi di epoche  precedenti furono provvisti di un edificio turriforme atto all’avvistamento e alla difesa, nuovi insediamenti si organizzarono  nelle immediate vicinanze o intorno a torri di difesa che erano state realizzate nell’entroterra, in aperta campagna, per colmare il  vuoto tra la difesa costiera e i centri fortificati.  

Caratteristiche  

Per quanto riguarda l’impianto planimetrico, le masserie fortificate presentano schemi piuttosto semplici che ne caratterizzano  la condizione socioeconomica, il tipo di colture e il sistema di utilizzazione dei terreni.  

La predominanza dell’olivocoltura è testimoniata dalla presenza di trappeti sotterranei. Dove prevaleva la cerealicoltura si  trovano fosse granarie scavate nella roccia e ubicate nello spiazzo antistante la torre o in capienti depositi ricavati nelle mura.  Dove invece predominava la pastorizia, si rilevano ampi spazi recintati destinati alla custodia degli animali, ecc. Ne risulta  sempre un impianto pienamente rispondente alle varie esigenze, dove però l’edificio-torre assume un ruolo determinante e si  pone spesso come elemento caratterizzante e qualificante dello spazio agrario.  

Nelle forme originarie, il fabbricato è formato da due unità edilizie: la torre vera, che localizza l’abitazione a due piani, e una  annessa costruzione a piano terra, riservata ad usi vari. All’edificio-torre si pone la massima attenzione edilizia: è l’abitazione  del massaro, il centro delle attività economiche e lavorative, ma spesso è anche la dimora del proprietario, per cui oltre a porsi  come elemento difensivo, diventa pure un edificio di pregevole valore architettonico.  

Nelle torri a due piani la difesa consisteva nel mettersi al sicuro nei locali posti al piano superiore; nelle soluzioni più semplici il  collegamento tra piano terra e primo piano veniva attuato attraverso una scala a pioli passante per una botola tagliata nella  volta. Così tirando su la scala si toglieva agli eventuali assalitori, già penetrati a piani terra, di raggiungere il piano superiore, dal  quale gli abitanti potevano, poi, portarsi sul terrazzo e segnalare il pericolo.  

Altre volte il collegamento tra i vari livelli risulta realizzato mediante una scala in muratura. Il questo caso il pianerottolo è,  spesso, interrotto da una botola lunga circa tre metri, dove è sistemata una porta levatoia che, in caso di pericolo, poteva essere  sollevata e tirata verso la porta di ingresso, impedendo in tal modo qualsiasi tentativo di accesso.  

Le murature sono tirate a piombo, ma a volte, presentano una base scarpata che rinforza l’appoggio. Un cordone marcapiano individua, all’esterno, la suddivisione dei piani, mentre sul parapetto (spesso aggettante) del terrazzo si aprono le caditoie