“Periferia” è una parola che adoperiamo spesso nel quotidiano, nonostante abbia un significato complesso e a tratti controverso.

“La bottega di Holden”, il circolo culturale del liceo De Giorgi ha programmato una serie di incontri sull’argomento, finalizzati a scoprire e conoscere le periferie leccesi. Il primo di essi ha avuto ospiti il sociologo Andrea Ferreri e l’assessore all’Urbanistica del Comune di Lecce Rita Miglietta, che molto gentilmente si è concessa ai microfoni di “LeCosimò”, ripercorrendo i punti principali dell’incontro. Assessore, come si definisce una periferia?Non credo sia corretto parlare di periferie per definire un quartiere; piuttosto si possonodefinire periferiche tutte quelle parti di città dove esiste una carenza di servizi, dove c’èdegrado e soprattutto isolamento ed esclusione, dove la distanza dai luoghi più vissuti dellacittà non è colmata da un trasporto pubblico adeguato e percorsi ciclopedonali sicuri. Ciòcomporta un “isolamento forzato” per i cittadini che vivono in queste zone e questo generatutti i problemi connessi al tema, come emarginazione sociale. Ci possonoessere poi piccole periferie anche nei luoghi più centrali della città, come un angolo dellavilla comunale nelle ore serali, oppure strade mal illuminate che diventano spazi marginali espesso teatro di episodi di disagio, come lo spaccio ad esempio, il vandalismo, l’abbandonodi rifiuti o ancora la prostituzione. Dobbiamo un po’ cambiare, noi cittadini, l’approccio a questo termine, perché periferie sonotutti quei luoghi della città dove si manifesta un disagio, soprattutto sociale. Parlando di periferia si pensa quasi subito al quartiere della zona 167, che è in realtàabbastanza eterogeneo nelle sue tre diverse parti (Zona A, B, C) con alcune zoneanche decisamente residenziali e diverse dai classici quartieri di periferia. Questi quartieri nascono per una legge omonima, la n. 167 del 1962, volta ad individuarenuovi quartieri residenziali da assegnare a persone svantaggiate che non potevanoacquistare un’abitazione, né sostenere un affitto con i prezzi del mercato. La progettazione di questi quartieri non sempre è stata impeccabile, gli edifici furono costruiticon grande rapidità, senza molta cura della qualità dell’architettura, dei materiali e deglispazi degli alloggi. Va detto però che le zone A, B e C sono tra loro molto diverse, alcunehanno forti carenze strutturali e urbanistiche, come la giusta connessione con il resto dellacittà, altre hanno invece molte qualità come la presenza di tanti spazi aperti. Un bellissimoesempio di buona progettazione è invece il quartiere Santa Rosa, dove il rapporto tra edifici, spazi aperti e servizi per le persone è armonico. Ad oggi, alcune zone deI quartiere 167rimangono periferie sociali più che fisiche, emarginate più a livello sociale che geografico. Ha accennato a degli errori nella progettazione di tali zone. A cosa si riferisce?Per fare un esempio rapidissimo, possiamo considerare tutti i piani terra degli edifici di alcune aree delle zone A, B e C. Se osservate bene, quei piani terra dei condomini sonostati pensati unicamente come garages, senza spazi per gli esercizi commerciali di vicinato. In questo modo è molto difficile anche la socializzazione, poiché tutte le attività collettivevengono fortemente ridotte e delocalizzate in altre zone della città, non rendendo cosìpossibile lo sviluppo di una comunità quotidiana di vicinato. Sempre parlando di 167, si tratta di una situazione molto delicata, probabilmente l’esempio più evidente di periferia distante dalla città non solo a livello geografico. Quali le ipotesi per un riavvicinamento?Se questi quartieri sono stati mal progettati negli edifici, non è così’ negli spazi aperti, chesono una grande risorsa da ripensare valorizzandone le potenzialità. Abbiamo un grandepatrimonio di spazi che dobbiamo ridisegnare, basti pensare al parco della Trax Road adesempio, un luogo incredibile che ha bisogno di essere vissuto quotidianamente. Si possonoattuare piccole azioni, mosse progettuali che lavorano o accorciando le distanze tra gliedifici, oppure attrezzando gli spazi vuoti, facendoli diventare dei luoghi. Sicuramente si puòpartire da quelle attività che stimolano un senso di appartenenza, come lo sport, quindi sepensiamo di installare in questi spazi piccole attrezzature sportive, immaginando una rete ditanti spazi polisportivi, playgrounds, possiamo intervenire su quelle attività che fanno stareinsieme: cosa meglio dello sport è in grado di unire persone tra loro diverse?Venendo all’edilizia popolare, oggi come funziona il sistema di case popolari? E ci sono metodi alternativi di concepire l’edilizia popolare?Oggi il sistema delle case popolari non funziona molto bene, esiste una forte carenza dirisorse economiche pubbliche sia per rinnovare il patrimonio esistente che per costruirenuovi alloggi, e ciò purtroppo a fronte di una domanda di casa molto forte. Bisognaintervenire su più livelli. E’ molto importante lavorare per contrastare l’aumento di personeche posso essere esposte al rischio di cadere in condizioni di povertà. C’è una nuovafrontiera, quella che viene denominata edilizia sociale, “social housing”, si tratta di alloggirealizzati anche con investimenti privati, rivolti a persone che non sono propriamente poverema potrebbero diventarlo, o perché sono esposte al rischio di perdere il lavoro, o perché lohanno perso improvvisamente e si trovano in un periodo transitorio di difficoltà, oppureperché non hanno ancora trovato il lavoro, in quanto ad esempio si tratta di studentiuniversitari. L’’obiettivo del social housing è sostenere quelle persone che potrebbero caderein condizioni di difficoltà garantendo loro alloggi flessibili, offerti anche in co-abitazione,  tenendo insieme fasce di popolazione anche diverse: giovani coppie, famiglie monogenitoriali, studenti e anziani, fornendo loro servizi di vicinato, e spazi attrezzati in condivisione. Ci sono bellissimi esempi di social housing nei quali gli alloggi sono compostida ambienti privati e ambienti in condivisione come cucine, sale studio e spazi per il giococomuni. L’obiettivo è combattere l’emarginazione e favorire rapporti di vicinato, essenzialiper far nascere tra le persone un senso di comunità solidale. A Lecce, l’amministrazione èimpegnata a favorire la nascita di alloggi sociali, un esempio è la possibilità di rigenerare conquesta nuova vocazione l’immobile dell’Ex Galateo, un grande edificio nel centro della cittàda molti anni dismesso.