di Irene Costantini

Da pochi anni il termine “catcalling” è entrato a far parte del vocabolario italiano, l’obiettivo? Sottolineare ancora una volta la differenza tra complimento e molestia.

Sebbene si tratti di un neologismo, il fenomeno del catcalling ha radici ben profonde. Esso comprende i commenti, le battute e i fischi non richiesti che vengono rivolti solitamente da un uomo nei confronti di una o più donne. Si potrebbe pensare che questi siano dei complimenti e di conseguenza il genere femminile dovrebbe esserne lusingato, tuttavia la differenza con questi ultimi è, non solo evidente, ma anche di fondamentale importanza.

Se il complimento è l’espressione con cui si sottolinea una qualità o un pregio di qualcuno, il catcalling è invece, secondo l’Accademia della Crusca, una molestia sessuale, prevalentemente verbale, che avviene in strada. 
Il fatto che esso sia definito molestia, con il conseguente turbamento del benessere fisico e della tranquillità spirituale della donna, evidenzia fin da subito quale sia la percezione del catcalling da parte della vittima. 
I complimenti non causano paura e ansia mentre il catcalling, in quanto molestia, si.

È importante inoltre sottolineare come questo non sia mai solo una manifestazione di interesse ma piuttosto la riaffermazione di determinate dinamiche di potere che pongono l’uomo al di sopra della donna e gli conferiscono un’autorità tale da sentirsi legittimato ad assumere questi atteggiamenti. 
Nel momento in cui un individuo di sesso maschile fischia ad una ragazza, questa diventa un oggetto sessuale che esiste in funzione dell’apprezzamento dell’aggressore e del suo sguardo, a tal proposito si parla di male gaze (letteralmente sguardo maschile): de-umanizzazione e perdita di dignità. 
L’obiettivo non è quindi quello di esprimere ammirazione, poiché i modi per fare questo sono ben altri, ma di esercitare il proprio potere sull’altra persona. Sebbene possa apparire come un fenomeno di poca importanza, esso non è che la base di una cultura che normalizza atteggiamenti violenti e abusivi verso il genere femminile.

Tutto ciò ha un impatto reale sulla quotidianità delle donne. Ricevere catcalling fin dai primi anni dell’adolescenza, se non talvolta anche molto prima, le porta a non sentirsi sicure per strada, a temere che da un fischio possa scaturire violenza fisica e a cambiare le proprie abitudini. C’è chi consiglia di evitare un certo tipo di abbigliamento, come se il catcalling scaturisse da ciò che si indossa e non, come detto prima, da dinamiche di potere e violenza. In questo modo si colpevolizza la vittima invece che soffermarsi sulla necessità di educare l’aggressore e renderlo consapevole delle conseguenze delle sue azioni.

Affrontare quelli che sembrano fenomeni minori, ma che in realtà sono la radice della violenza sessuale, permetterebbe di avere un impatto reale sulle violenze di genere e la limitazione della libertà delle donne. Da qui l’importanza dell’ascolto di quelle che sono le esperienze delle vittime, da una posizione privilegiata è spesso difficile rendersi conto di tutti gli atteggiamenti abusivi e predatori perpetrati quotidianamente che non permettono alle donne di avere potere decisionale sul proprio corpo o di sentirsi al sicuro.